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Energia, agricoltura, infrastrutture. Costanzo e il Sannio che verrà: ‘Ma il territorio va rispettato’

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Di ieri l’ultima iniziativa pubblica. Nella sua San Marco dei Cavoti per discutere di green economy e di ambiente. “Ho iniziato a parlare delle rinnovabili trent’anni fa, con un articolo intitolato ‘Il vento è il petrolio del Fortore’”. Con Roberto Costanzo è così: nel suo ufficio, alla fondazione Vetrone, è circondato da foto e articoli di giornali. Tanti ricordi. Ma se pensi di essere nel passato, ti sbagli. E lo capisci appena lo storico leader Dc comincia a parlare. Il link tra quel suo articolo e la stretta attualità è infatti immediato.

L’eco della polemica che ha visto contrapposti il presidente della Provincia Nino Lombardi e il leader degli industriali sanniti Oreste Vigorito continua a farsi sentire. “Ha ragione chi prova a porre dei freni. Le cito dei dati: nel Sannio produciamo tre volte l’energia elettrica che consumiamo e siamo la prima provincia d’Italia per il rapporto tra pale e superficie territoriale. Rispetto a quanto dato, la giusta compensazione non c’è stata, sempre che non si considera il vento una proprietà di chi cede il terreno all’imprenditore”.

Il tema delle fonti rinnovabili è sempre più legato, tra l’altro, all’agricoltura: il ‘suo’ campo. Per lo sviluppo del settore primario si è fatto tutto ciò che si poteva fare?

“C’è sempre da fare. Ma tanto è stato fatto. Per dirne una, mentre nelle altre province si puntava sull’industrializzazione imposta, ‘importata’ dal Nord, noi investivamo nella trasformazione delle nostre produzioni locali. Siamo così diventati la provincia più vitivinicola d’Italia. Qui si produce quasi il 50% dell’uva che si produce in tutta la Campania, qui abbiamo iniziato il processo di specializzazione dei vigneti. A chi ci consigliava di seguire la strada dell’industrializzazione forzata oggi andrebbe fatto notare che le fabbriche sono chiuse o stanno chiudendo. Cosa lasciano? Noi una strada da seguire l’abbiamo, più attuale. Perché può andare di pari passo proprio con lo sviluppo energetico. Ho letto in questi giorni che un importante gruppo lituano intende realizzare un opificio industriale per la produzione di pannelli fotovoltaici. Bene, con fotovoltaico ed eolico – dove, mi ripeto, il territorio necessita di trovare il suo vantaggio dagli impianti esistenti perché l’energia prodotta non può essere sottratta – possiamo diventare una provincia leader nella produzione di energia pulita e rinnovabile. E in un momento storico particolare, considerato che proprio in questo settore il Paese necessita di emanciparsi. Anche sul fotovoltaico, però, bisogna fare una sottolineatura”.

Prego…

“Il fotovoltaico può essere installato anche sui terreni? Sì, ma attenzione: su quelli agrari bisogna fare l’agrovoltaico. Solo all’agricoltore, per intenderci, deve essere consentito di coprire – per il 5 o al massimo il 10% – il proprio terreno con pannelli solari, in modo da integrare il reddito derivante dalle produzioni agroalimentari. C’è un progetto immaginato nel Capoluogo, dove si parla di due impianti fotovoltaici da trenta ettari ciascuno, parliamo di trecentomila metri quadrati: va osteggiato”.

E dunque rinnovabili e agricoltura come chiave per la crescita e lo sviluppo del Sannio. E poi?

“Turismo, ovviamente. E infrastrutture. Ho visto che sono entrati nel vivo i lavori per l’Alta Capacità. Per quest’opera occorre fare una precisazione”.

In che senso?

“Bisogna evitare che l’Alta Capacità sia soltanto un’opera di attraversamento della provincia. Servono opere di insediamento. Ma se penso alla ferrovia, e alla necessità di restituire al Sannio l’antica centralità e protagonismo, credo sia opportuno anche insistere per il rilancio della Benevento-Cancello-Napoli, della Benevento-Avellino-Salerno e della Benevento-Campobasso-Termoli”.

Quando parla di opere di insediamento fa riferimento alla logistica?

“Sì, ma c’è un forte elemento di preoccupazione dato dalla realizzazione della stazione Hirpinia, per cui sono state spese risorse enormi, prevedendo anche l’allungamento del tracciato. E’ una stazione che produce un unico risultato: toglie centralità a Benevento”.

Altra questione che sicuramente le starà a cuore è la Camera di Commercio. Che sta succedendo?

“Le rispondo così, fatevi dare lo statuto che approvammo noi. Scrivemmo che Presidente e Consiglio dovevano essere eletti dai titolari delle aziende iscritte alla Camera di Commercio. E invece a determinare le decisioni, oggi, ci sono pseudo-organizzazioni”

Ma la scelta di unire le Camere di Benevento e Avellino l’ha convinta?

“Se avessi avuto potere l’avrei evitata. Avrei detto: la Camera di Commercio unica si fa dopo che si fa la Provincia unica, la Prefettura unica…“.

Per restare agli ‘alert’, ricordo quello sulla Diga di Campolattaro. Poi una discussione c’è stata, a più livelli: è cambiato qualcosa?

“Ancora no. Eppure il problema è chiaro e riguarda un dato incontestabile: l’irrigazione agricola sarà gestita dal Consorzio di bonifica Sannio-Alifano. E per legge, evidentemente, il Consorzio può agire solo per il territorio di propria competenza che per il Beneventano parte da Ponte, prende indirettamente una parte della valle Caudina e poi l’intera valle Telesina. Il resto del Sannio è escluso e quindi, al momento, non è irrigabile. Bisogna dunque estendere le competenze del Consorzio. Si può fare? Certo. Ma stiamo ancora aspettando la delibera”.

Nel 1970 scrisse “La Campania non finisce a Capodichino”. Cinquant’anni dopo è ancora attuale quel monito?

“Assolutamente. E infatti tra qualche mese vedrà la luce una mia nuova pubblicazione, si chiama “L’altra Campania”. Perché esistono ancora due Campanie: una appenninica e l’altra tirrenica. Leggo spesso del divario tra Nord e Sud ma penso che il problema vero, in Italia, sia tra la dorsale appenninica e le due coste”.

Con De Luca non è cambiato nulla?

“No, perché neanche possiamo pensare che la Campania finisca a Cava de’ Tirreni”.

Ma le istituzioni e la politica sannita la ‘loro parte’ l’hanno sempre fatta?

“Dico sempre che, dopo Napoli, Benevento è il capoluogo più ‘Città’ tra le altre realtà campane. Lo è per diverse caratteristiche, a partire dalla connotazione urbanistica per arrivare all’identità. Lo comprese pure Napoleone che non ci aggregò a Napoli, costituendo il principato di Benevento. Ma siamo Città anche nei difetti, come l’isolamento. E’ un qualcosa che ci è rimasto, nei rapporti con gli altri. Ciò non toglie che ci sono state anche esperienze e intuizioni positive, come la sindacatura Pietrantonio ma mi riferisco anche al periodo di Viespoli, per restare alla storia recente”.

L’ultima domanda, allora, è sul sindaco futuro. Mastella non è più ricandidabile, chi guiderà palazzo Mosti dopo di lui?

“Qualcuno che oggi non siede tra i banchi del Consiglio Comunale”.

 

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