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CRONACA

Associazione a delinquere, reati tributari, fallimentari e di falso: sequestrati hotel e beni per 11 milioni

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Misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale e di imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, per un anno, nei confronti di 8 persone, professionisti e imprenditori sanniti e della Valle Telesina operanti nel settore turistico-alberghiero, edile e della grande distribuzione alimentare. Non solo: misura cautelare reale del sequestro preventivo dell’intera azienda di una nota struttura ricettiva cittadina, l’Hotel Traiano di viale dei Rettori, a Benevento, dei beni aziendali strumentali all’esercizio dell’attività alberghiera, nonché dei titoli abilitativi e di due appartamenti ubicati sempre nel capoluogo sannita. E ancora: sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di denaro, beni immobili e altri beni patrimoniali nella disponibilità di 26 indagati, fino alla concorrenza del valore di circa 11 milioni di euro e al “congelamento” in Bulgaria della titolarità delle quote delle società bulgare utilizzate per le operazioni contestate.

Queste le misure disposte dal Gip del Tribunale sannita, su richiesta della Procura: gli indagati dovranno rispondere di associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, bancarotta fraudolenta e omessa dichiarazione. I provvedimenti sono stati eseguiti in mattinata dai militari della Guardia di Finanza dei Comandi Provinciali di Napoli e Benevento, nel capoluogo sannita e nel Sannio, Avellino, Roma, Milano, Napoli, Cosenza e Varese, nonché in territorio bulgaro, a Sofia e Plovdiv.

I provvedimenti cautelari sono stati adottati all’esito di un’articolata attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento ed alimentata dalla sinergia investigativa dei Nuclei di Polizia Economico Finanziaria di Napoli e Benevento, che ha consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine alla esistenza – scrive la Procura – “di una compagine criminosa, ben strutturata sul territorio italiano e bulgaro, dedita alla commissione di un numero indeterminato di reati contro l’economia”.  

Le indagini avevano inizio nel febbraio del 2019, allorquando in esito ad un’attività info-investigativa svolta sull’Hotel Traiano, emergevano significative anomalie fiscali in relazione alle posizioni delle persone fisiche e giuridiche riconducibili alla struttura, gestita da un gruppo familiare costituito da un noto professionista beneventano, il 69enne Giuseppe Ciccopiedi, e dai suoi due figli Leonardo e Alessandro, rispettivamente di 37 e 33 anni.

Venivano, pertanto, avviate attività investigative, svolte attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali ed analisi documentali, finalizzate a ricostruire gli interessi economici e patrimoniali dei tre principali indagati, a cui seguivano nel mese di settembre del 2019 – sulla scorta dei primi esiti delle indagini tecniche – diverse perquisizioni svolte presso domicili e studi professionali dei soggetti coinvolti.

Lo sviluppo delle investigazioni induceva le Fiamme Gialle ad analizzare un’operazione straordinaria di “fusione transfrontaliera per incorporazione tra società di capitali”, avente ad oggetto l’azienda costituente il segnalato complesso alberghiero, connessa ad una serie di ulteriori operazioni aziendali (locazione e comodato di ramo di azienda, costituzione di contratto di rete) poste in essere dagli indagati – ante e post “fusione” – ricorrendo alla formula della “procura generale”, della “procura speciale” e della “delega”, tutte realizzate nel periodo 2014-2018 ed afferenti una serie di società, collegate all’attività alberghiera, aventi compagni sociali e governance riconducibili ai medesimi soggetti.        

Gli organi inquirenti hanno ritenuto che tali operazioni fossero unicamente dirette a “tutelare” il patrimonio aziendale della società incorporata, trasferendolo ad una società bulgara – comunque riconducibile agli indagati – soggetta ad una normativa più favorevole rispetto a quella nazionale, con il fine di sottrarlo al fisco italiano e di continuarne la gestione sul territorio dello stato mediante due nuove società all’uopo costituite.

La prosecuzione delle indagini consentiva, poi, di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine ad un’articolata organizzazione e una fitta rete di persone fisiche e giuridiche gravitanti nell’orbita professionale e relazionale di un noto professionista beneventano e dei suoi figli, i quali, secondo la prospettazione accusatoria, accolta dal Gip, hanno promosso, organizzato e gestito una consolidata e fiorente “attività di consulenza” per il trasferimento e il mantenimento di imprese in territorio bulgaro, la maggior parte delle quali nelle città di Sofia e Plovdiv, al fine di sottrarle al pagamento delle imposte e sottrarne i patrimoni al sequestro e a procedure fallimentari e/o esecutive.

Il modus operandi adottato dagli indagati è stato caratterizzato dal sistematico trasferimento in Bulgaria di società italiane, che pur mantenendo la medesima denominazione, sono state trasformate in imprese bulgare di diritto locale.

Nello specifico, si ritiene che le società di diritto italiano (gravate da onerosi debiti erariali) venivano preliminarmente “svuotate”, attraverso operazioni di alienazione di immobili e crediti, poste in essere nel periodo immediatamente antecedente il trasferimento in Bulgaria. Le stesse, poi, ormai svuotate di elementi attivi, venivano quindi cancellate dal Registro delle Imprese nazionale per trasferimento all’estero.

Le società trasferite, divenute soggetti di diritto bulgaro, mantenevano la stessa denominazione delle società italiane al fine di rimanere visibili ai creditori in Italia; le stesse, di fatto, risultavano tuttavia irreperibili presso le sedi bulgare dichiarate ed   apparivano fraudolentemente ancora operative e solvibili attraverso l’accensione di conti in quel paese, in realtà non movimentati se non per il versamento del solo capitale sociale. In tal modo gli imprenditori italiani continuavano – di fatto – ad operare in Italia con neocostituite imprese (alle quali erano stati ceduti i compendi delle società trasferite) aventi il medesimo oggetto del clone estero.   

Le attività investigative, condotte attraverso interrogazioni alle banche dati in uso alla Guardia di Finanza, indagini di natura tecnica integrate da servizi di osservazione e pedinamento, accertamenti bancari, acquisizioni presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, escussione di numerose persone informate sui fatti, sono state corroborate dagli importanti riscontri pervenuti dall’autorità giudiziaria bulgara. Il contesto investigativo, infatti, per iniziativa della Procura della Repubblica di Benevento e della Guardia di Finanza, delegata alle indagini, si è esteso oltre i confini nazionali con la costituzione di una Squadra Investigativa Comune (S.I.C.) Italia-Bulgaria, quale strumento di cooperazione internazionale patrocinato da Eurojust – tra la Procura della Repubblica di Benevento e la Procura della Corte Suprema di Cassazione della Bulgaria, finalizzata ad ottenere e condividere informazioni ed elementi di prova nell’ambito delle investigazioni in corso. In tale contesto si sono tenute riunioni propedeutiche all’accordo e investigative sia presso la sede di Eurojust a L’Aia, che presso la sede della Procura Specializzata – Reparto Investigativo a Sofia e in Italia presso la Procura della Repubblica di Benevento. Proficuo è stato lo scambio informativo e il coordinamento investigativo sottesi allo sviluppo ed alla prosecuzione delle indagini.

Le attività svolte in tale ambito hanno consentito, tra l’altro, l’acquisizione di documentazione presso istituti di credito ed Ente camerale bulgari, l’escussione di numerose persone informate sui fatti di nazionalità bulgara, tra cui 16 professionisti (facenti capo a 12 società di consulenza legale e amministrativo-contabile), 4 persone ritenute prestanome (c.d. nominee)e 2 interpreti/traduttrici di madre lingua bulgara, nonché l’esecuzione – in territorio estero – di mirati sopralluoghi finalizzati a verificare l’esistenza delle società formalmente costituite in Bulgaria.

In tale contesto è avvenuta la “cessione di giurisdizione” da parte dell’Autorità Giudiziaria bulgara in favore di quella italiana per fatti penalmente rilevanti commessi in quel paese.

Sono state esaminate le operazioni societarie e i rapporti bancari di 34 società italiane e 29 società bulgare emerse nel corso delle investigazioni; con riferimento ai soggetti giuridici italiani è stata, altresì, accertata una situazione debitoria complessiva nei confronti dell’Erario di oltre 69 milioni di euro.

Nel corso della mattinata, inoltre, sono state eseguite perquisizioni disposte dalla Procura presso sedi e unità locali di 8 società, nonché i domicili di 21 soggetti, a vario titolo coinvolti nelle indagini.

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