Salute
‘Non riesco a superare la morte di mio marito. Vivo un vuoto emotivo e non sono presente per i miei figli’

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Gentile dottoressa,
le scrivo perché ogni volta che arrivano le festività si accentuano mancanze e assenze delle persone care che non ci sono più. E’ successo prima con i miei genitori, ora da quasi un anno sono rimasta vedova con due figli adulti. Non riesco ad affrontare ed accettare dentro di me il lutto di mio marito. Ho congelato il sentimento di perdita: trascorro le mie giornate rivedendo filmini, fotografie e ricordando i momenti belli passati insieme. Vivo un vuoto emotivo – tra disperazione, paura e sensi di colpa – e non ce la faccio più ad andare avanti. Mi dispiace per i miei figli, in quanto so di non essere una mamma presente da quando il loro papà non c’è più, e vorrei cambiare per quel poco che mi resta ancora da vivere. Certa di una sua risposta, la saluto.

La perdita di una persona cara è tra le prove più difficili che la vita ci pone davanti. Al tempo stesso, è un’esperienza universale, che non risparmia praticamente nessuno. Il lutto è la condizione di sofferenza che accompagna la perdita, ma anche il processo del suo superamento. Non consiste nel dimenticare la persona scomparsa, ma nell’accettare la separazione e accogliere dentro di noi la sua “eredità”. Dopo una perdita, certo, la vita va avanti, ma rimuovere o negare il dolore, metterlo da parte troppo presto, ne impedisce una reale elaborazione. Un lutto irrisolto produce un profondo malessere interiore, che può sfociare in depressione, ansia, disturbi psicosomatici, problemi relazionali e lavorativi. I sintomi possono emergere anche ad una certa distanza dall’evento luttuoso, tanto da essere collegabili alla perdita non elaborata solo dopo un’attenta indagine clinica.
Se il processo di elaborazione del lutto non procede come dovrebbe, la perdita non viene mai superata e tende a tornare a galla in molti modi, talvolta inaspettati, che causano sofferenza e malessere alla persona ed al suo ambiente. I lutti irrisolti sono separazioni impossibili, in cui non si accetta di lasciare andare ciò che si è perso e si continua a vivere alla sua ombra. Il processo del lutto può risultare “congelato”, nel caso in cui la perdita sia negata, oppure può essere “complicato”, quando si ha un ritardo o un blocco nella sua evoluzione. Ci sono persone che mantengono un rapporto simbiotico con il defunto, vivono come se fosse ancora con loro, ricordandolo in modo ossessivo, conservando tutte le sue cose o lasciando la casa immutata. Questo impedisce di contrarre nuovi legami, proteggendo così da ulteriori separazioni, ma a prezzo di un blocco delle attività vitali.
Pertanto, in presenza di un lutto, non bisogna evitare a tutti i costi la sofferenza, mettendo la testa sotto la sabbia, non colpevolizzarsi se non si riesce in tempi rapidi a tornare alla vita di prima e, quindi, è opportuno cercare il supporto e la compagnia di persone fidate, con cui parlare dei propri sentimenti, ma anche fare una passeggiata o prendere un caffè senza sentirsi giudicati, criticati o sollecitati a “riprenderci” in fretta. Né la persona che soffre né chi lo ascolta debbono temere che parlare del dolore lo renderà più grande, anzi poterlo pensare e metterlo in parole contribuirà, con il tempo, a farlo sciogliere come neve al sole.
Sono certa, cara signora, che lei riuscirà a superare questo brutto momento soprattutto facendo leva sull’amore per i suoi figli, che dovrà essere la motivazione al cambiamento. In ogni caso io le consiglierei di chiedere aiuto e supporto ad uno psicologo che potrà guidarla in questo percorso di crescita ed evoluzione. La saluto e la abbraccio.
Dott.ssa Teresa Ciarlo
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