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La lettera a Salvatore, vittima del Covid-19: ‘Disponibile e buono, sei stato il nostro pilastro’
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Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da Ivan Pastore, amico e collega di Salvatore Calabrese, il coordinatore infermieristico presso la Centrale Operativa 118 di Benevento, deceduto a causa del coronavirus. “Con estrema gratitudine – ci scrive – vi chiedo di pubblicare quanto da me scritto con l’intento di ricordare un uomo ed un professionista esemplare. Vorrei solo evidenziare quello che per me e per noi ha rappresentato. Un infermiere che ha dato la sua vita per aiutare tutti anche in questo momento di grave difficoltà”.
Questo il testo della missiva:
“Grazie di cuore per l’insegnamento che mi hai dato, un insegnamento sempre discreto e delicato che trovava riscontro in ogni tua azione, in ogni tuo piccolo gesto. Sei stato non solo il coordinatore della Centrale Operativa 118 , per me sei stato un vero AMICO.
Con te potevo parlare liberamente di ogni cosa perché sapevo che non avresti mai giudicato. Avevi sempre pronta una risposta positiva per tutti, anche quando la situazione sembrava veramente difficile.
Quante volte discutevamo e mi accusavi amichevolmente di essere razzista. Ti piaceva provocarmi per innescare una discussione che poi sfociava sempre con delle risate iper-galattiche. Ancora sento riecheggiare la tua frase “sei un razzistone”.
Non tocchiamo il tasto della tua fede calcistica. Era il motivo del nostro perenne scontro. Per non parlare della bottiglia d’acqua che portavi sempre dietro (da noi chiamato biberon). Vogliamo parlare di quando ti abbottonavi la camicia col bottone sbagliato, o di quando eravamo sempre pronti ad aggiustarti la camicia fuori dai pantaloni?
Eravamo noi a dirti “Salvatore devi andare alla casa del cane (barbiere) perché hai i capelli troppo lunghi, eravamo noi a ricordarti mille e mille altre cose. Il tuo modo di ricambiare era unico, perché unico e speciale sei tu.
Bastava farti una telefonata per dirti che avevo problemi a lavoro e tu rispondevi immediatamente, tranquillo, ti sostituisco io. Per te non esistevano domeniche, non esistevano festività perché eri con noi a lavoro anche a Natale e Pasqua.
E’ proprio vero le persone semplici e buone, anche inconsapevolmente, diventano un pilastro sul quale grava il peso di un intero sistema. Purtroppo quel pilastro è venuto meno ed io rivedo in ogni cosa la tua presenza.
Ti vedo nei fogli che hai lasciato in giro, ti vedo in quel piccolo ufficio del lavoro che non hai avuto nemmeno il tempo di sistemare. Ti vedo sbarazzino che entri in centrale col tuo “sorrisino” pronto ad offrire il caffè per meglio cominciare la giornata.
Ti vedo ancora con i tuoi mille fogli tra le mani, le tue mille ricette mediche pronte per essere consegnate al CUP del Rummo allo scopo di aiutare sempre i più deboli ed indigenti.
Non puoi immaginare il vuoto che lasci. Ognuno di noi sente nel suo animo un magone, un’assenza incolmabile e solo il citare il tuo nome scatena una fuoriuscita di lacrime dai nostri occhi.
Ricordo quel giorno che son venuto in ospedale (senza la possibilità di vederti) a lasciarti dei generi di conforto (dolciumi e schifezze in particolare) e dal telefono mi dicesti che avevi lasciato una cosa per me.
Mi hai lasciato la tua delega e la tua Pen Drive (con i file del lavoro) e ti sei raccomandato di fare tutto il lavoro al tuo posto.
Mi hai incoraggiato chiedendomi di stare vicino ai nostri colleghi e al nostro dirigente in questo momento di grosse difficoltà.
Come potrò mai essere all’altezza della fiducia che hai riposto in me? Come potrò mai affrontare le piccole e grandi sfide che quotidianamente mi si pongono davanti?
Non illuderti perché lo sai molto bene che ogni qualvolta mi sentirò solo e non saprò che strada prendere, chiederò e pretenderò da te un aiuto.
Sì proprio così, ti romperò le scatole anche adesso, sarò il tuo persecutore.
Ho chiesto al nostro dirigente di intitolare la nuova centrale operativa col tuo nome. Credo sia solo un piccolo gesto di gratitudine per te che sei stato colui che ha istituito il 118 nel Sannio. Avrei ancora tante cose da dirti. Preferisco dirtele alzando gli occhi al cielo per vederti e parlarti nell’infinito cielo azzurro. Ti voglio un mondo di bene”.