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Sanità, il sindacato dei pensionati sanniti: sistema pubblico da migliorare, non da smantellare

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Nei giorni scorsi si è tenuto a Montesarchio, Sala Biblioteca comunale, organizzato dal Sindacato Pensionati Italiani (S.P.I.) della CGIL di Benevento, un convegno su “Il sistema sociale e sanitario in Valle Caudina – Limiti, bisogni, risorse”.

Un confronto, soprattutto, sullo stato in cui versa la sanità pubblica di quell’area e sulle soluzioni da adottare per elevarne la qualità. A questo incontro ne seguiranno altri a breve in altre zone della nostra provincia.

All’incontro di Montesarchio hanno partecipato, portando importanti contributi, ognuno per il settore in cui opera, i rappresentanti delle Istituzioni, Michele Napoletano e Giovanni Campobasso, rispettivamente sindaco di Airola e consigliere del Comune di Montesarchio; Rita Angrisani, dirigente del Distretto sanitario di Montesarchio; Marilena Coletta, responsabile dell’Ufficio di piano ambito B3; Filippo Finozzi, medico di Medicina generale. Per lo SPI di Benevento sono intervenuti il segretario generale, Giuseppe Iodice, e Raffaele Covino, segretario della Lega SPI della Valle Caudina, che ha tenuto la relazione introduttiva. Dopo l’intervento di Luciano Valle, segretario generale della CGIL di Benevento, ha concluso i lavori Luigi Savio, della segreteria dello SPI Campania, in sostituzione della segretaria generale SPI Campania, Antonella Pezzullo, impegnata in una imprevista e improcrastinabile riunione della segreteria nazionale dello SPI.

Filo rosso, che ha legato praticamente tutti gli interventi, è stata la forte convinzione della necessità di difendere strenuamente il sistema sanitario pubblico nazionale, nato con la legge 833 del dicembre 1978, che è basato su diritti uguali per tutti e non legato alle specifiche categorie lavorative.

Ma la difesa passa attraverso gli indispensabili interventi da attuare per rendere effettiva l’applicazione del principio che più di quaranta anni fa fu realizzato nell’allora legge di riforma: il principio dell’universalità delle prestazioni, per tutti. La priorità assoluta va data al rilancio e alla valorizzazione del sistema, e all’omogeneizzazione dei servizi resi, indipendentemente dalle provenienze socioeconomiche e territoriali degli assistiti.

Molto pesanti – si legge nella nota – sono, infatti, gli squilibri territoriali che creano cittadinanze di serie A e di serie B. Pur con importanti punte di eccellenze nei nosocomi del sud d’Italia, in Campania e anche nel Sannio, fortissime sono le differenze di qualità del servizio erogato alle persone nel Settentrione e nel Meridione del nostro Paese, e la situazione si aggrava nelle aree interne della Campania. I livelli essenziali di prestazioni non sono più garantiti uniformemente in tutto il Paese. I cosiddetti viaggi della speranza continuano, una sorta di pellegrinaggi che producono peggioramenti, non solo economici, della vita delle famiglie e la non secondaria conseguenza di spostamento di risorse verso le regioni più forti, quelle del nord (intorno a 800 milioni), vale a dire un finanziamento alle Regioni più forti da parte di quelle più deboli che amplia la forbice delle disparità.

Gli interventi per invertire la direzione sono ormai urgentissimi, a cominciare dal superamento dell’amministrazione straordinaria. La sanità campana, che assorbe l’80% della spesa del bilancio regionale, ha bisogno di normalità ponendo fine alle gestioni commissariali ed avviando una seria programmazione. Queste gestioni emergenziali, mentre creavano l’illusione della bacchetta magica, hanno prodotto il depauperamento delle strutture pubbliche e delle stesse professionalità, ad esempio all’Ospedale Rummo di Benevento e al San Pio di Sant’Agata de’ Goti. Gli Enti Locali territoriali devono avere un ruolo forte nella gestione del servizio.

Necessita ragionare ordinariamente sui tempi dell’erogazione delle prestazioni, sulla prevenzione – superando un modello sanitario centrato sull’ospedalizzazione e valorizzando la medicina di territorio, la medicina di base -, sui ticket, questioni che di fatto generano iniquità e distorsioni: spesso da noi si paga di più per servizi di qualità inferiore, non di rado scadenti. E la fascia di cittadini, in particolare di pensionati, che non accede alle cure anche per questioni economiche, si amplia sempre più.

Alle antiche difficoltà del sistema sanitario delle nostre zone – prosegue il sindacato – va aggiunto l’alto tasso di invecchiamento per l’aumento dell’aspettativa di vita, che richiede una erogazione del servizio proiettata su una popolazione che si sta modificando e che richiede attenzioni diverse, al di là della cura.

Andrebbe affrontata la questione del finanziamento della sanità pubblica, ma il dibattito nella maggioranza politica che governa il paese, sul tema della distribuzione territoriale delle risorse pubbliche, è orientato sulla cosiddetta autonomia differenziata, che può essere raccontata in tanti modi, ma che soprattutto sta a significare che la ricchezza resta lì dove viene prodotta, con la conseguenza di ampliare la forbice delle differenze proprio sul terreno del welfare. Mettendo così a rischio la stessa unità del Paese.

La semplice logica dei costi standard, unita alla disorganizzazione, sta facendo arretrare l’intero sistema sanitario, soprattutto nelle nostre aree. E in tal senso incide anche la spesa sociale delle regioni: in Campania la spesa pro-capite annua corrisponde a circa 60 euro, contro i 120 di media nazionale, con punte di più di 500 euro per singolo cittadino a Bolzano.

Il problema delle risorse è un problema reale che impatta sulle possibilità del nostro Paese di orientarle rispetto alle tante esigenze. Ma è anche una questione di capacità o, meglio, di volontà politica. Basti pensare la mancanza di progettazione per intercettare le tante risorse europee.

Gli stessi tempi dell’offerta non sono neutri rispetto alla tenuta del sistema pubblico. Basi pensare ai tempi limitati nel settore della specialistica. Ovviamente esistono diritti da rispettare degli operatori del settore, istituti contrattuali. Allora va avviato un produttivo confronto con questi lavoratori e le loro rappresentanze sindacali. Vanno individuate soluzioni che rispettino tutti i diritti, quelli dei cittadini-utenti e quelli dei cittadini-lavoratori, che da una organizzazione più razionale e rispondente alle esigenze degli utenti trovano anche giovamento sul versante professionale.

La diagnostica offre un servizio inefficiente. Le sue liste con tempi “biblici” di fatto stanno affossando il carattere universalistico della sanità e il diritto alla qualità della salute. E arricchisce i convenzionati privati.

Al di là delle volontà, un servizio pubblico inefficiente sposta risorse verso il privato. Solo il servizio pubblico è garanzia di equità ed uguaglianza, e questo necessita soprattutto per le fasce più debole.

Il Sindacato Pensionati della CGIL insiste sulla necessità di una pianificazione degli interventi andando oltre l’attuale provvisorietà.

Va migliorato, ad esempio, il sistema delle prenotazioni delle prestazioni, anche usando al meglio le moderne tecnologie. Soprattutto va incentivato l’uso del digitale per gli interventi a distanza che nei prossimi anni avranno un ruolo sempre più importante. Bisogna introdurre accorgimenti ad un sistema che sta lentamente, ma decisamente trasformando il diritto in privilegio. In una realtà, quella campana, dove le risorse professionali scarseggiano da tempo e con la previsione che a breve altri quattromila operatori lasceranno il servizio, bisogna intervenire con immediatezza.

Il Sindacato ritiene che vada rivisto totalmente il sistema di accreditamento di servizi ai privati, che produce monopoli, che condizionano scelte che spettano al pubblico.

Bisogna recuperare sui forti ritardi sul versante della disabilità, anche mediante una legge quadro sulla non autosufficienza, con la finalità di costruire un sistema universale di prevenzione e riabilitazione riguardanti i soggetti e le rispettive famiglie, che non vanno lasciate sole.

Nello stesso anno dell’approvazione della legge 133 sul sistema sanitario nazionale, il 1978, altre due leggi di civiltà sulla salute furono approvate: la 194 e la 180. Entrambe queste leggi – rispettivamente sulla interruzione volontaria della gravidanza e sulla riforma psichiatrica – esigono una applicazione effettiva e trasparente.

Sull’Ospedale di S. Agata de’ Goti bisogna decidere ed operare conseguentemente. Struttura specialistica avanzata o ospedale ordinario. Si decida, ma è insopportabile lo stato in cui è lasciata la struttura. Bisogna superare due logiche che non fanno il bene della struttura: quella dei tagli e quella dell’utilizzo del problema nell’ottica della speculazione politica. Il dibattito che avanza non è quello di favorire un confronto sulle possibili soluzioni, ma è condizionato dalla propaganda partitica sulle spalle dei cittadini. Lo SPI e la CGIL intendono affrontare a breve la problematica con una specifica iniziativa pubblica.

La convinzione è che le varie problematiche del sistema sociale e sanitario delle nostre zone non possono essere affrontate singolarmente, dal versante tecnicistico, che pure può servire a tamponare falle sempre più pericolose. Manca una visione di sistema, che riguarda le strutture che erogano i servizi, ma anche quelle infrastrutture che rendono possibile usufruirne. L’impegno degli operatori – che pure necessita – non è sufficiente per raggiungere livelli ottimali, e non sufficienti sono neppure gli interventi sulle strutture sanitarie – di cui pure se ne avverte l’urgenza – se manca una rete di servizi sul territorio, riguardanti la mobilità, la formazione, l’intrattenimento e, quindi, la cura delle persone.

Il Sindacato Confederale, con la grande manifestazione nazionale unitaria a Roma del 9 febbraio, ha rilanciato con forza, tra le altre tematiche, quella del welfare. La forza del sindacato si concretizza nella difesa dei diritti individuali e collettivi dei cittadini. Questa forza va spesa anche nelle nostre aree.

Avere una visione di sistema vuol dire anche attrezzare una piattaforma territoriale della Valle Caudina e della provincia di Benevento sull’intero sistema sociale, con il contributo ovviamente della politica, ma anche delle organizzazioni sindacali, degli operatori, di pezzi della società civile.

Lo SPI-CGIL – conclude la nota – è spesso il terminale di doglianze dei cittadini, in particolare degli anziani, sulle inefficienze del sistema sanitario, sulle difficoltà e drammi delle famiglie. Situazioni che ci spingono ancora di più a chiedere alle Istituzioni di invertire radicalmente la rotta. Noi vogliamo dare il nostro contributo e continueremo a confrontarci con tutti quelli che possono contribuire alla soluzione del problema e a creare occasioni di discussione.

 

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