CULTURA
“Sentimenti all’asta”
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L’opera prende lo spunto da tematiche e personaggi del teatro inglese contemporaneo, per elaborare in circa un’ora di spettacolo una riflessione su “possibili” storie femminili di madri e mogli abbandonate, che definire “a solo “ potrebbe esser riduttivo, in quanto la scrittura fruga nell’identità multipla della voce portante, ovvero nell’animo di una protagonista che si sdoppia orientando le battute verso zone oscure di se, dialogando con interlocutori di comodo (un lui assente, una sedia…etc.) che sembrano assomigliare ad un IO-diviso.
La regia mira a sottolineare attraverso la prova d’attrice, il coraggio, la forza intuitiva, l’impensabile immaginazione delle donne. Viene anche scelta la via della commistione fra espressioni artistiche (la scena è in parte creata in tempo reale dalla estemporanea creatività di un ‘artista visiva, e proiettata sull’azione) sempre a guida femminile: alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi nei teatri possibili.
La trama illustra un percorso terapeutico, un viaggio nella notte dei diversivi, dopo aver incassato l’abbandono del partner, e culmina nella vendita all’asta dei ricordi, oggetti d’affezione e Merce ormai pregressa da cui ci si deve staccare per razionalizzare la fine di un rapporto.
Note di regia: scritti negli anni 80 gli one-women plays di Wesker segnano l’abbandono delle secche naturalistiche, per entrare nella mente, nella vita di personaggi femminili, ritratti con partecipe solidarietà, ritratti senza perdere di vista il concetto di” presa di coscienza”:più che del proprio ruolo sociale, piuttosto la condizione psicologica, spesso subalterna, per un superamento della stessa.
Ora: la mente femminile è un mondo tanto delicato da frequentare, che la regia si è limitata a delineare le linee progettuali della mise-en–space, ed a creare per le artiste dei punti di appoggio, non una gabbia rigida e sclerotizzante, ma suggestioni di percorso; non indicazioni schematiche, ma proposte di riflessione alla ricerca di un equilibrio possibile e sperimentale, fra due linguaggi uno puramente visivo, l’altro pienamente teatrale entrambi di forte valenza espressiva.