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Cultura a Benevento, la riflessione di Moccia: “Siano istituite tre consulte su beni culturali, spettacolo e turismo”

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Riceviamo e pubblichiamo la nota di Pierluigi Moccia, storico e scrittore, che pone delle riflessioni sulla consulta cittadina per la cultura, sulla cura e la promozione dei beni culturali e sulle iniziative in merito ai Longobardi. Di seguito il testo.

“Il dibattito politico-culturale interno alla città di Benevento, nell’ultima Estate, era stato animato da un movimento civico spontaneo volto a promuovere la istituzione ivi di una consulta cittadina per la cultura (intendiamoci sul significato del termine “cultura”).

L’iniziativa, su proposta dell’associazione culturale “Gòrgone-Medusa”, aveva registrata l’adesione di molte altre organizzazioni locali simili e di più personalità del mondo culturale. Data l’incisività, il progetto sin da subito catturò la mia attenzione, tanto da invogliarmi a sostenerla pubblicamente.

Ordunque, l’Amministrazione Comunale decideva di farsi guidare dalla cosiddetta “società civile”. Difatti, in persona del vice sindaco ed assessore alla cultura, proclamava la nascita della tanto agognata “consulta”. Personalmente, volli mostrarmi distante dalla fase di gestazione del nuovo organismo, attendendo che maggiore chiarezza fosse fatta in merito ad alcune questioni ritenute decisive per la riuscita del lavoro.

In effetti, sin da subito, il tentativo posto in essere dalla Giunta Pepe, ispirata da una nostra proposta, si rivelava alquanto maldestro: estrema superficialità nella selezione degli ammessi a partecipare e, soprattutto, scarsa convergenza – come ironicamente sottolineato in apertura – sul significato del termine “cultura”.

Con tutto il dovuto rispetto per le associazioni che promuovono le specificità enogastronomiche del Sannio e per le compagnie teatrali, infatti, è appena il caso di procedere a differenziare i tre ambiti: beni culturali, turismo e spettacolo. Pur sussistendo un comune denominatore, essi sono indipendenti tra loro. Non è ipotizzabile sostenere: “Il beneventano mangia baccalà con le patate. Questa è cultura”.

Certamente anche dalla promozione dei prodotti tipici potrà scaturire una certa promozione culturale. Nulla a che vedere, tuttavia, con i beni culturali, né con lo spettacolo che è ancora altra cosa.
Pertanto, l’input proveniente dagli operatori “culturali” (da leggere: “culturali”) era indirizzato alla nascita di un organismo aperto agli addetti del settore “beni culturali-cultura”.

Specifica trattazione doveva essere destinata, quali attività collaterali, agli altri summenzionati ambiti. Tale stato di cose sta producendo, quale conseguenza, l’esasperata inconcludenza del neonato organismo in questione. Da osservatore ho avuta contezza della infruttuosità delle quattro sedute tenute sino ad oggi che non hanno fatto altro che evidenziare relativi limiti e discrasie.

Apprezzo allora la disponibilità e la sensibilità mostrate dall’Amministrazione Comunale, ma proseguendo di questo passo non si addiverrà ad alcuna soluzione.

Gli spettacoli teatrali e le sagre enogastronomiche sono, ribadisco, attività collaterali che non possono adombrare – specialmente in una città come Benevento, così ricca di storia e d’arte – l’aspetto culturale. Cibi e piatti tipici di epoche remote non sono da annoverarsi nella “storia” in senso stretto, ma nella conservazione di una serie di tradizioni: è bene tenerlo a mente.

Conveniamo circa l’utilizzo della città come “palcoscenico”, anche in virtù di finanziamenti stanziati, ma senza mai prescindere da ciò che conta o che dovrebbe contare più di tutto nel nostro Paese: la cura e la promozione dei beni culturali.

Venendo, inoltre, ad una qualche divulgazione storica posta in essere dal Comune, riguardante i Longobardi, è d’uopo rammentare che Benevento non fu dominata solo da quella popolazione. Non comprendo bene allora come mai questa ossessione per quel periodo storico.

Siamo d’accordo sull’inserimento del Complesso di S. Sofia nel Patrimonio UNESCO, ma che fare col Teatro Romano, l’Arco di Traiano, Cellarulo, il Ponte Leproso, eccetera. Così facendo si sta operando quasi una “ghettizzazione” storica e culturale, all’interno di ideali “mura longobarde”, del centro cittadino.

Mi appello, pertanto, alla onestà intellettuale degli amministratori, affinché vengano riviste funzioni e modalità di ammissione alla Consulta di che trattasi o che, meglio ancora, si arrivi alla istituzione di tre consulte: per i beni culturali, per lo spettacolo e per il turismo.

In tal guisa, sì che sarebbe possibile coinvolgere tutti gli organismi e le personalità operanti nel territorio, secondo i differenti e specifici ambiti di impegno”.

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