POLITICA
Riordino Province, addio alla spending review. Il decreto non diventerà legge

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Addio alla provincia Sannio-Irpinia. E addio definitivo anche alla spending review. Il decreto che riorganizzava le province italiane non sarà convertito in legge. Questo è quanto emerso dalla riunione della commissione Affari costituzionali di questa sera, preceduta da un incontro tra il presidente di commissione Carlo Vizzini, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, il ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi e il sottosegretario Antonio Maraschini.
Dalla seduta è emersa la quantità di emendamenti e subemendamenti presentati al provvedimento. Per questo Governo e Commissione hanno ritenuto che non fosse possibile approdare in aula martedì pomeriggio come stabilito dal calendario del Senato. “Il destino di questi mesi è di perdere occasioni importanti – ha commentato Vizzini – è stato fatto uno sforzo per trovare le condizioni complessive per approvare questo provvedimento atteso ma non è andato a buon fine”.
“Il governo – ha commentato il ministro Patroni Griffi – ha fatto quello che poteva. Oggi ha preso atto della situazione”. Ora la prossima mossa potrebbe essere una norma sulla questione da inserire nella legge di stabilità. Ma Patroni Griffi è cauto e non risponde: “Probabilmente ci sarà qualche intervento del governo ma ora non so rispondere”.
UPI – “Tanto rumore per nulla. Dopo che per un anno si è discusso di questo tema, ora si ferma tutto. Non posso che essere critico”. Così Antonio Saitta, presidente dell’Unione Province Italiane, commenta la mancata approvazione del decreto sul taglio delle province.
“Il processo avviato – osserva Saitta – poteva essere portato a termine con qualche aggiustamento. C’era un po’ di malumore, qualche resistenza che poteva essere superata. Ora sul piano della legittimità non abbiamo più competenze, c’è una situazione di caos istituzionale e un danno per i servizi.
Il Parlamento deve fare qualcosa velocemente. Nella legge di stabilità bisogna prevedere che le Province possano continuare ad esercitare le loro funzioni e stanziare le risorse necessarie”.
“Avevamo accettato l’ipotesi dell’accorpamento – dice ancora Saitta – perché volevamo dare un contributo al contenimento della spesa pubblica e perché avrebbe messo in moto anche un processo di riduzione dei costi dell’apparato statale. Alla fine resistenze localistiche ma anche dallo stesso apparato dello Stato hanno impedito l’attuazione di un processo di semplificazione”.