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Sportello antiracket a rischio chiusura per mancanza di fondi. Frosi (A.L.I.L.A.C.C.O): “Istituzioni assenti”

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“Le istituzioni sono assenti. Abbiamo serie difficoltà ad andare avanti e a proseguire le nostre attività”. A poche ore dai 14 arresti eccellenti nel Sannio per i reati di associazione a delinquere, usura, estorsione e riciclaggio, arriva come un fulmine a ciel sereno la denuncia di Amleto Frosi, referente territoriale di Libera e presidente dell’associazione A.L.I.L.A.C.C.O. – Sos Impresa. Il Centro di aiuto alle vittime dell’usura e dell’estorsione, promosso dal Comune di Benevento, è a rischio chiusura per mancanza di fondi. “Al momento – spiega Frosi nell’intervista a Ntr24 – ci limitiamo a tutelare il pregresso. Abbiamo serie difficoltà economiche ad affacciarci a quelle che sono le nuove esigenze perché non abbiamo più la possibilità di sostenere chi denuncia. Senza il sostegno delle istituzioni non si va da nessuna parte”. Una denuncia, quella di Frosi, indirizzata a Comune e Provincia che nel 2009 sottoscrissero un protocollo d’intesa per la lotta al racket. Da quel momento, alle belle parole non sono seguiti aiuti concreti. “Addirittura – aggiunge il presidente – da giugno 2011 siamo sottoposti ad una lettera di sfratto da parte del Comune e ancora non riusciamo a risolvere la faccenda. Non c’è dialogo, ma solo parvenza di consenso. Nonostante le rassicurazioni del sindaco, – conclude – vorremmo che si arrivi ad un accordo scritto”. Del resto, dalla sua nascita nel 2007 ad oggi, lo Sportello antiracket e antiusura di via del Pomerio ha svolto un servizio fondamentale nei confronti della comunità e di quanti subiscono l’attività criminale della malavita: ha ascoltato numerosi utenti dando informazioni su rapporti bancari, truffe, sovraindebitamento, usura e fenomeni estorsivi; inoltre, ha tutelato e sostenuto 15 vittime (tra commercianti e imprenditori) costituendosi parte civile in 11 processi con 65 imputati.

Presidente Frosi, quali le difficoltà che si trova ad affrontare quotidianamente?
Da molto tempo non abbiamo la possibilità finanziaria di poter creare una sensibilizzazione a largo spettro provinciale, da dove ci arrivano chiamate di aiuto. Addirittura, molte persone non sanno che esistono strutture – come il nostro sportello – predisposte all’attività di sostegno. Gli enti istituzionali, che nel 2009 firmarono un Protocollo d’intesa in Prefettura, non adempiono seppur sollecitati ai loro doveri e non aiutano questo tipo di servizio essenziale. Quello che manca sul territorio sannita è un tavolo di concertazione istituzionale e sociale, che affronti argomenti relativi all’accesso al credito e alla ciminalità. Serve un impegno totale che vada ad inserirsi in un ragionamento globale di intervento. Gli unici soggetti con i quali riusciamo a lavorare egregiamente sono la magistratura e le forze dell’ordine. Per quanto riguarda le altre istituzioni, invece, non basta partecipare ad iniziative e convegni.

Beni confiscati. Un documento dell’allora ministro Maroni istituiva un tavolo di concertazione in Prefettura tra Istituzioni e Associazioni.
E’ un aspetto che non ci è chiaro. Ad oggi, non sappiamo ancora se questo tavolo sia stato realmente attivato a Benevento. Nel documento si parlava di un tavolo di concertazione, da istituire in Prefettura e voluto dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, che avrebbe dovuto occuparsi della sottrazione dei patrimoni della criminalità. Nella nota del Ministero, inoltre, si faceva riferimento al fatto che le istituzione debbano prendere in considerazione l’esperienza delle associazioni specifiche che operano sul territorio locale.

Alla luce dei recenti arresti, proviamo a scattare una fotografia dell’attuale situazione criminale nel Sannio.
Bisogna dividere nettamente la situazione cittadina da quella provinciale. E’ chiaro che la zona provinciale è battuta di più da una criminalità di tipo mafioso, in quanto trae origine dalla presenza di clan che provengono anche da altri territori. Quelli che si sono insediati nel Sannio sono i referenti di certe attività illecite. L’attività criminale in città, invece, è mista: c’è una delinquenza autoctona che si mescola con una di tipo mafioso e un’altra delinquenziale sostanzialmente più semplice. Quello che emerge, però, non è la sintesi di quello che effettivamente è. Gli arresti ci sono stati, ci sono e ci saranno ancora, ma non possiamo parlare di battaglia vinta. L’usura è una piaga capillare, nascosta e insidiosa, strettamente collegata al riciclaggio di denaro sporco. Grande attenzione deve essere rivolta anche alle attività commerciali, come ad esempio sale scommesse e negozi di vendita dell’oro, aumentate nell’ultimo periodo anche in provincia.

Sbaglia chi parla di una città “isola felice”, “sfiorata” dalla criminalità o chi analizza solo le denunce e i dati registrati?
Il numero delle denunce registrate non rappresenta l’entità dei fenomeni, qualunque essi siano. Rappresentano solo la percentuale di emersione di un determinato fenomeno. La verità è che molti commercianti bisognosi di liquidità cercano oggi la strada dell’illegalità, in quanto hanno difficoltà ad accedere al credito mediante gli istituti bancari. Le cooperative Fidi e Confidi, in più, presentano grandi limiti e non rispondono alle esigenze del mercato. In realtà, la situazione non è per niente rosea. Quello che mi spaventa di più è che si voglia vedere soltanto una situazione da isola felice e paradiso terrestre. D’altro canto, non bisogna neanche creare un allarme infondato, anche perché questi reati non riescono a trovare nel Sannio il consenso culturale. Il sannita, infatti, si differenzia da una cultura omogenea in molti territori della Campania. Questo aspetto è un impedimento importante perché la lotta alle mafie non si combatte con le armi ma solo con la cultura.

(Giam. Fel)

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