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‘Per sopravvivere non mi resta che mettere in vendita i miei organi’

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Si firma “Vincenzo Carfora, un uomo distrutto dallo Stato”, ed in una lettera aperta inviata agli organi di stampa fa emergere tutto il malessere derivante da una situazione tante volte data per risolta (quella dei 127 lavoratori degli ex consorzi rifiuti di Benevento e del Sannio), altrettante volte rimasta nel limbo dell’incertezza sul domani.
Ecco il testo della missiva: “Sono Vincenzo Carfora, lavoratore un tempo, non so nemmeno io cosa sono adesso. Sono un rottame, non ho niente nemmeno più la forza di reagire, non ho soldi, non riesco a mettere il piatto a tavola, non trovo lavoro perchè c’è crisi, non riesco più a guardare in faccia ai miei figli. I creditori vogliono i soldi, i professori i libri, i miei figli tranquillità, mia moglie una vita e a me non resta che la vergogna di avere fallito come uomo. Leggo i giornali e tutti fanno a gara per prendersi il primato della riuscita della nostra situazione e nessuno pensa al risvolto umano e alle umiliazioni che ogni ex lavoratore dei consorzi subisce quando a questi annunci non segue assolutamente niente. Gli avvocati esultano perchè sono riusciti a farci ottenere l’assunzione e a farci revocare la cassa integrazione senza pensare che da un anno e passa stiamo senza un euro, costretti a mendicare sui servizi sociali e nelle chiese per sopravvivere.
Gli onorevoli si vantano dei progetti e dei contratti di lavoro che saranno attivati. E quando? Passano i mesi e non si vede un bel niente. Stanno giocando con la mia e le nostre vire per farsi campagna elettorale. Si comportano come i peggiori aguzzini , ci sfruttano, ci levano l’aria che respiriamo per strumentalizzare e farsi grandi politicamente. Solo un pugno di mosche hanno tutti quanti tra le mani ed è meglio che la gente se ne renda conto. 127 famiglie stanno in mezzo a una strada e tutti girano la faccia con indifferenza e se provo ad avvicinare questi luminari della politica, mi guardano in faccia e mi dicono "più di questo non posso fare!". Loro intanto si ritirano nei villoni di lusso, serviti e riveriti e noi povera gente disperata,
in mezzo a una via per una crisi che non certo abbiamo voluto noi dobbiamo lottare contro la fame e la miseria più nera. Chi viene pagato fior di quattrini per occuparsi dello Stato, cioè di me e di noi tutti, che viene stipendiato coi denari pubblici, con le nostre tasse, dovrebbe fare poche chiacchiere e tanti fatti. Non ho niente più, tra poco mi pignorano i mobili e la macchina, sono invalido e sono morto in tutti i sensi, mi hanno spogliato dell’ultimo pezzo di dignità che mi era rimasto: metto in vendita i miei organi, l’unico valore aggiunto che mi rimane per garantire qualche altro giorno di sopravvivenza ai miei cari. Dopo di che ognuno si assumerà le proprie responsabilità".