POLITICA
Sondaggio a Benevento del Pd, solo un candidato sindaco: Fausto Pepe

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Le modalità per l’individuazione di un qualunque soggetto che sia idoneo ad un ruolo non passano ormai solo per il consueto vaglio delle competenze, ma anche per il grado di appeal che si riesce a suscitare nei consessi sociali in cui quel ruolo si troverà ad operare. E’ la frontiera della nuova comunicazione, valicata da tempo e su cui sono state costruite fortune e disdette: nulla di male, ormai, perché i sondaggi sono all’ordine del giorno e costituiscono parte integrante delle strategie politiche, come la storia del nostro Paese ci tramanda da un ventennio a questa parte.
E mentre le coalizioni, qui in città, ancora si trovano a dibattere sulla composizione del puzzle, ovvero sulla formazione da presentare all’elettorato – dilatando nel tempo le scelte con conseguente, e perniciosa, disaffezione montante -, dietro le quinte qualcosa si agita.
Capita di restare in casa, talvolta, e ricevere telefonate, quelle classiche da… disturbo, per le quali è difficile comunicare all’altro capo del filo, col dovuto garbo, il grado di fastidio imposto; capita che ascoltando ci si addentri nella valutazione, con specifiche domande, di candidati alla carica di sindaco, qui in città. E ci si pongano domande.
Le cui risposte non sono abbeverate alla fonte della verità assoluta, ma da essa non si dovrebbero discostare molto. Sarebbe allora il Partito Democratico locale (su input nazionale), in tal senso, a sondare quel gradimento di cui si diceva in avvio. Appunto con un sondaggio, più o meno segreto, condotto in loco attraverso interviste telefoniche. Che avrebbero fornito dati non in controtendenza con un altro sondaggio di cui pure si parlò tempo fa: collocare al vertice dei papabili per palazzo Mosti ancora, e solo, Fausto Pepe sarebbe la mossa elettorale giusta, perché la percentuale riscontrata (dapprima nel rapporto con un possibile ventaglio di avversari) attraverso tali contatti supererebbe fatidiche soglie maggioritarie, di gran lunga superiore alle variabili – interne, esterne, collaterali, di destra-sinistra-centro, come se fosse antani… – in discussione su questi estenuanti tavoli delle trattative, fra autocandidature, fughe in avanti, contrattazioni personali, ripicche infantili e compagnia cantante, che tratteggiano un quadro che, se svelato, farebbe colare a picco l’indice di una fiducia nelle istituzioni già di per sé in pericolo calo.