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CULTURA

La politica come atto d’amore per la collettività: l’esempio di Don Luigi Sturzo al VI incontro CIVES

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Si è tenuto giovedì il sesto incontro di “CIVES – Laboratorio di Formazione al Bene Comune” presso il Centro di Cultura “Raffaele Calabria”.

Dopo la pausa natalizia, il laboratorio è ripreso nel segno di un grande esempio della storia del cattolicesimo italiano, Don Luigi Sturzo, e con la partecipazione di due graditi ospiti: S.E. Mons. Michele Pennisi (Vescovo della Diocesi di Piazza Armerina e Presidente della Commissione storica per la causa di Beatificazione di Sturzo) e Mons. Mario Iadanza (Direttore dell’Ufficio Cultura e Beni Culturali della Diocesi di Benevento).

L’introduzione di Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della diocesi di Benevento) ha sottolineato quanto lo storia dello statista sia una sintesi mirabile tra esperienza di fede, tensione culturale e impegno politico, e soprattutto quanto le sue riflessioni ed azioni, a partire dal periodo in cui è stato prosindaco di Caltagirone, offrano ancora oggi suggestioni e proposte validissime per il nostro tempo.

Critici gli interrogativi posti da Mons. Iadanza, il quale non ha esitato a constatare la mancata considerazione di cui personaggi come Sturzo oggi godono, soprattutto nel mondo dei cattolici: “Dovremmo tornare a loro, ai loro testi, ai loro stimoli – ha più volte ribadito – Non possiamo più permetterci di fare politica senza attingere a una antropologia, a una visione dell’uomo, del mondo, delle relazioni. Oggi abbiamo bisogno di questa nuova linfa, altrimenti persiste il vuoto”.

L’immagine tracciata dal docente è quella di un uomo soprattutto servo innamorato della sua Chiesa, che ha vissuto sulla propria pelle anche numerose difficoltà come il lungo esilio dall’ Italia fascista, ma anche un lungimirante uomo politico, che nella sua proposta sulla trasparenza riguardo il finanziamento ai partiti aveva intravisto i segnali di una possibile (e futura) corruzione del sistema rappresentativo.

Interessante e dettagliato, inoltre, l’interveto di S.E. Pennisi, il quale ha proposto l’impegno del politico siciliano come antidoto alla difficoltà nella quale verte oggi la politica: “Quello che spaventa maggiormente – ha esordito il vescovo – è l’acquiescenza passiva; ci si scandalizza ma poi non si esita ad alimentare quegli stessi meccanismi che danneggiano il Bene Comune. Abbiamo bisogno dell’etica in politica, non intesa come ordine astratto ma come una ricerca in continuo movimento. Dobbiamo inoltre, nonostante le difficoltà, spingere all’impegno politico, fondandolo su un’etica sociale che deve riguardare tutte le persone: senza ciò, una rivoluzione morale è impensabile”.

La figura di Don Luigi Sturzo si è dunque delineata come quella di esempio concreto, di testimonianza reale dalla quale poter imparare ancora molto: non un teorico della politica ma un uomo che ha vissuto l’etica in tutte le iniziative che ha portato avanti. Di sicuro, un validissimo statista, che non esitò ad intervenire nel suo tempo con analisi pungenti, e, soprattutto valide ancora oggi, come la denuncia del sistema mafioso, e la necessità delle mani pulite in politica.

“La politica e l’economia sono profondamente sociali – ha proseguito Pennisi – e non esiste il dilemma tra utile e bene quando l’utile è di tutti, perché è conseguentemente bene di tutti, bene comune. Sturzo ci insegna proprio la politica come atto d’amore verso il prossimo, e come dovere morale, facendo della religione non un valore esclusivamente individuale ma rendendolo sociale”.

Le ultime battute, prima del dibattito finale, hanno richiamato l’impegno dei cattolici in politica, la loro attuale mancanza d’incisività ma allo stesso tempo il bisogno di continuare a promuoverlo: “Non basta richiamare i principi cristiani – conclude il vescovo Pennisi – questi devono essere calati nella società, contestualizzati, dando loro una nuova vitalità, ricordando che deve essere l’amore, la carità a cementificare la vita sociale”.

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