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POLITICA

Report e noi, giornalai e pennivendoli

Questa destra alimenta da anni un clima di odio e di insofferenza nei confronti della stampa libera, ha messo nel mirino giornalisti, ha ordito campagne di fango e di delegittimazione di una violenza inaudita ed è in questo clima d’odio che s’inserisce l’attentato al conduttore di Report. Ma Ranucci, Formigli, Gabanelli e via dicendo sono solo la punta dell’Iceberg, perché in realtà la libertà di stampa è sotto attacco sistematico da molti anni, soprattutto laddove le luci della ribalta nazionale non arrivano.

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È insopportabile l’ipocrisia delle dichiarazioni di solidarietà all’indirizzo di Sigfrido Ranucci piovute da destra, in primo luogo da Palazzo Chigi, all’indomani dell’attentato subito dal conduttore di Report la cui autovettura è stata fatta saltare in aria con un chilo di esplosivo. Un’ipocrisia tipicamente fascista, perché fascista è l’atteggiamento di chi tira la pietra e nasconde la mano, di chi semina odio e livore e s’indigna quando quell’odio e quel livore si traducono in violenza sanguinaria.

Giorgia Meloni si è affrettata a dichiarare che la libertà di stampa è sacra, dimentica degli attacchi continui all’indirizzo di tutti i giornalisti indipendenti che in questi anni si sono permessi di contestare le politiche di questo governo, dimentica degli attacchi violentissimi sferrati all’indirizzo della stampa non allineata, dimentica delle pressioni esercitate per imporre il bavaglio a Ranucci, a Report e ai pochi, pochissimi professionisti che nelle reti di regime continuano ad esercitare liberamente questo mestiere. Ranucci è stato delegittimato, è stato messo alla gogna, ricattato, offeso pubblicamente, minacciato e messo all’angolo da questo governo e da questa maggioranza, persino dal Presidente del Senato, perché reo di aver portato alla luce scandali e conflitti di interesse, reo di aver continuato, nonostante le minacce e gli avvertimenti, a fare il suo mestiere nel solo modo che conosce, subendo censure, affrontando veri e propri processi politici in sede istituzionale.

Questa destra alimenta da anni un clima di odio e di insofferenza nei confronti della stampa libera, ha messo nel mirino giornalisti, ha ordito campagne di fango e di delegittimazione di una violenza inaudita ed è in questo clima d’odio che s’inserisce l’attentato a Ranucci. La destra di una premier che da oltre due anni parla solo per monologhi, tutt’al più si concede per interviste addomesticate, che sfugge sistematicamente a microfoni e taccuini, che veste ogni giorni i panni della vittima ma per la quale, oggi, la libertà di stampa è sacra.

Ma Ranucci, Formigli, Gabanelli e via dicendo sono solo la punta dell’Iceberg, perché in realtà la libertà di stampa è sotto attacco sistematico da molti anni, soprattutto laddove le luci della ribalta nazionale non arrivano.

Una cosa è lavorare in Rai o in Mediaset, con strutture legali alle spalle, altra cosa è lavorare in piccole realtà locali, dove è facile fare terra bruciata attorno ad una redazione, dove una querela con richiesta di risarcimento può mettere in discussione la sopravvivenza stessa di una testata, dove il potente di turno è nelle condizioni di decidere dove deve andare a finire la pubblicità degli imprenditori amici e dove non deve andare a finire. Dinamiche che viviamo ogni giorno sulla nostra pelle, che spesso ci fanno mettere in discussione quello che siamo, il senso di quello che facciamo, dinamiche a cui è complicato ribellarsi, perché alla fine del mese i conti devono tornare, perché ognuno di noi a fine giornata torna a casa e resistere diventa un atto di colpevole egoismo, talvolta persino una scelta incomprensibile, posto che nessuno di noi è nelle condizioni di salvare il mondo. Poi però la notte passa, il sole torna a sorgere e l’unica cosa che ci resta da fare è ricominciare daccapo.

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