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ECONOMIA

Dazi e vino, timore per le aree interne: mercato USA vale oltre il 30% dell’export

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I dazi imposti dalla Casa Bianca all’Unione europea impensieriscono gli operatori del vino di Irpinia e Sannio alla vigilia del 57° Vinitaly (Veronafiere, 6-9 aprile). Secondo una elaborazione della Camera di Commercio Irpinia Sannio su base Istat il valore delle vendite verso gli Usa ammonta a quasi 9 milioni di euro per una quota di mercato che supera il 30% del totale export.

Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano la prima destinazione in valore per l’export dei vini di Irpinia (nel 2024 le esportazioni hanno toccato i 7 milioni di euro, in crescita del 25,9% rispetto all’anno precedente) e per quelli del Sannio (1,85 milioni di euro, +27,5% sul 2023). Cifre alla mano, su un totale dell’export dei vini irpini che nel 2023 ha raggiunto i 22,7 milioni di euro (+11,2% rispetto al 2023), le vendite verso gli Usa rappresentano il 30,8% del totale del mercato al di fuori dell’Italia. Per i vini sanniti, invece, la rotta commerciale diretta negli States cuba il 28,5% dell’export totale, pari a 6,5 milioni di euro.

Una situazione che i produttori di vini di qualità di territori che possono vantare 3 Doc, 4 Docg, 1 Igp, grandi bianchi come il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo e la Falanghina del Sannio e rossi di spicco come il Taurasi e l’Aglianico del Taburno, considerano indubbiamente delicata.

“Credo che l’impatto dei dazi americani sarà notevole per l’agroalimentare irpino-sannita, in quanto l’export di vino e olio d’oliva, nel suo insieme, per il 70% è diretto negli Usa – commenta Girolamo Pettrone, commissario straordinario Camera di Commercio Irpinia Sannio -. Negli ultimi mesi, a partire dallo scorso dicembre, gli ordini sono aumentati proprio per l’incognita dei dazi. Ora bisognerà capire come l’Unione europea e il Governo italiano vorranno porsi per arginare almeno in parte questa spada di Damocle che è caduta sull’economia, in particolare sui settori vitivinicolo e oleario per il nostro territorio”.

La presidente del Consorzio tutela Vini d’Irpinia, Teresa Bruno, confida nella missione al Vinitaly per promuovere il territorio e vini che “sono storia e sorpresa contestualmente; occorre ora individuare mercati alternativi come il Giappone, senza per questo dimenticare l’Italia, dove dovremmo concentrare nuove strategie di marketing”.

Sul versante del Sannio Consorzio Tutela Vini, il presidente Libero Rillo è attendista e lancia un appello alla catena di approvvigionamento per evitare che si inneschino delle speculazioni che possono essere paradossalmente ancora più dannose dei dazi. “Bisognerà trovare accordi con gli importatori e capire quale sarà l’impatto effettivo dei dazi – spiega Rillo -, perché su una bottiglia media di 5-6 euro, che poi è il prezzo medio del nostro prodotto in Usa, un dazio di 1,20 dollari non sarebbe di per sé un problema. Se però i maggiori dazi dovessero portare a un aumento del prezzo della bottiglia a ogni passaggio fra tasso di cambio euro/dollaro, trasporto, sdoganamento, fino ad arrivare al ristorante, allora avremmo un incremento sensibile dei costi, penalizzando la penetrazione dei nostri vini sul mercato statunitense”.

Al 57° Vinitaly, dove sono previsti circa 3.000 buyer americani, la Camera di Commercio sarà capofila di una collettiva di 111 aziende che vede coinvolti anche il Consorzio tutela Vini d’Irpinia e il Sannio Consorzio Tutela Vini – all’interno del padiglione Campania – che identificano il 75% dell’intera produzione delle province di Avellino e Benevento.

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