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Calcio

Debole di mentalità e dalle gambe tremanti: il flop del Benevento targato Caserta

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Rovistando tra le macerie ancora fumanti dell’ultimo, roboante disastro giallorosso, emerge davvero ben poco da salvare, e il day after del popolo sportivo sannita, il cui supporto è stata l’unica nota lieta di una serata da incubo, è di quelli particolarmente ardui da metabolizzare.

Benevento-Ternana rischia seriamente di passare alla storia come uno dei flop più clamorosi e dolorosi degli ultimi anni, soprattutto considerando il valore della posta in palio, schizzato alle stelle dopo i passi falsi delle dirette rivali, e l’abissale divario tecnico e motivazionale tra le due contendenti, aspetto spargisale sulla grave ferita inferta al cuore delle ambizioni della Strega.

Come sia stato possibile gettare sciaguratamente alle ortiche l’irripetibile opportunità di divenire padroni del proprio destino a soli due turni dalla fine, trascinati da una tifoseria tornata protagonista indiscussa e contro un avversario che il nulla cosmico aveva da chiedere alla contesa, resta un mistero impossibile da decifrare persino per le più eccellenti menti investigative.

Eppure, nell’arco della stagione che volge al termine, la banda di Caserta aveva disseminato un notevole quantitativo di indizi del tracollo, mascherati in primis dall’equilibrio e dall’imprevedibilità (leggasi pure livello complessivo tendente al mediocre) di un torneo che lascia ancora aperti molteplici scenari, e poi dalla scarsa media spettatori, ultimo alibi crollato miseramente ieri sera.

Gettata definitivamente via la maschera, Letizia e soci si sono mostrati per quel che realmente sono: un collettivo dal potenziale di tutto rispetto ma assolutamente incapace di esprimersi al meglio per via di una fragilità emotiva disarmante, alla base della chilometrica sequela di appuntamenti decisivi puntualmente steccati in malo modo. Dalla Ternana al Cosenza, passando per la quasi totalità degli scontri diretti e le gare in cui sarebbe stato necessario vincere per fare il salto di qualità, lo score giallorosso è impietoso ed evidenzia, inutile girarci intorno, una palese mancanza di personalità, carattere e mentalità, praticamente tutte le condizioni utili e necessarie per ambire al ritorno in massima serie.

Sul banco degli imputati, come inevitabile che sia, sale mister Caserta, in queste ore la personalità sportiva più impopolare sulla piazza, anche perché nel calcio le debolezze mentali di una squadra rappresentano spesso lo specchio del proprio tecnico, effettivamente ieri riuscito nell’impresa di preparare male e leggere pure peggio la gara decisiva in chiave promozione diretta, cacciandosi in una situazione dai tratti marcatamente illogici e surreali.

Si pensi al paradosso della prossima sfida di Monza: occorre vincere non tanto per alimentare la residua fiammella della speranza di agganciare il secondo posto, tenuta in vita solo dalla matematica, quanto per riscattarsi parzialmente e, soprattutto, migliorare la posizione in griglia per accedere direttamente alle semifinali playoff. Sbancare la Brianza, tuttavia, significherebbe anche accrescere in maniera esponenziale rimpianti, rabbia e amarezza per quel che il finale di torneo avrebbe potuto riservare, costringendo tutti, dalla società ai tifosi, a mangiarsi il fegato.

Certo, il trainer reggino non può essere l’unico responsabile della sfibrante e sconfortante altalena di risultati ed emozioni, ma il tempo dei processi non è ancora giunto, e per ora è meglio rimboccarsi le maniche, fare appello all’orgoglio residuo e magari recuperare Lapadula, specialmente alla luce dello stop muscolare di Forte. Attendiamo, dunque, gli ultimi 180 minuti della regular season e poi tireremo le somme, ma purtroppo è chiaro che bisognerà davvero raschiare il fondo del barile dell’ottimismo per concedere ulteriore fiducia a questo Benevento debole di polso e dalle gambe tremanti. (Antonio Colangelo)

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