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CULTURA

Trasformare sudditi in cittadini: il miracolo che la scuola può fare

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Nicola Sguera, docente ed animatore e protagonista di iniziative culturali, ha inviato questa riflessione sul particolare momento che il Paese, il Sannio. Individuando un clamoroso elemento di contrasto al moderno vivere…

 

“Dopo le giornate calde dello scorso inverno, con le azioni a forte impatto simbolico degli Universitari e diverse scuole, anche sannite, occupate dagli studenti medi, si è riaperto, a causa delle gravissime affermazioni del Presidente del Consiglio, il fronte della scuola, in un tempo in cui i nodi dell’ultimo ventennio giungono al pettine, spianando la strada ad una forma di autoritarismo mediatico che legittima la dittatura della maggioranza, il “popolo” come giudice ultimo, la selezione “estetica” e “sensuale” della classe dirigente.

 

Qualche settimana fa, ospite a Benevento, un lucido Maurizio Viroli, discepolo degno di Norberto Bobbio, ha ribadito che l’Italia è un paese abitato per lo più di servi, e che la libertà che vi si gode è, appunto, quello dei servi. Un paese dove un uomo solo gode di un immane potere: economico, politico, mediatico. “Serva Italia”, dunque (oltre che “bordello” nel senso letterale se i palazzi sono indifferentemente quelli del potere e quelli del godere). Ma perché la scuola è obiettivo strategico della sistematica distruzione dell’Italia uscita dalla Resistenza contro il nazifascismo attuata scientemente dal berlusconismo? «Trasformare sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere». Così scriveva Piero Calamandrei (uno dei grandi uomini del “secolo breve”) in un’altra Italia, forse ad altri Italiani. È evidente che non si tratta di difendere la scuola italiana per quello che è, ma per quello che potrebbe essere se venisse curata con rigore e non sistematicamente privata di risorse. E, dunque, quelle parole di Calamandrei, devono parlare anche a noi. Devono richiamare tutti noi che in questi anni abbiamo opposto le nostre microresistenze ad un potere sempre più pervasivo. Noi docenti, e mi unisco idealmente ai coraggiosi colleghi del Giannone firmatari del documento che tante polemiche ha suscitato a livello cittadino, i precari che da tempo si battono su questo territorio per il riconoscimento del diritto del lavoro, gli studenti che devono ritornare a far ascoltare la loro voce. Non vorrei apparire retorico e catastrofista. A me pare che questo sia un momento cruciale della storia italiana. In questi mesi si decide se l’Italia debba continuare ad essere o divenire definitivamente una corte, popolata da servi zelanti e volenterosi, riottosi e riluttanti ma, comunque, servi, oppure una Repubblica democratica, come recita l’art. 1 della nostra Costituzione, abitata da cittadini, resi tale anche da un sapere critico trasmesso nelle libere scuole, sede di metodi e visioni del mondo plurali e tolleranti. Dobbiamo essere guidati, come scriveva Bobbio, da sdegno e intransigenza. Come accadde nei momenti migliori del nostro Risorgimento o nella Resistenza.

 

Per questo, da due settimana, inizio ogni mia lezione in ogni mia classe – a mo’ di laica preghiera di una rinnovata religione civile – leggendo un articolo di un libro rivoluzionario in questa Italia cortigiana: la Costituzione italiana”.

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