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Valle Vitulanese

Maltempo, la nota del parroco di Paupisi, don Raffaele Pettenuzzo

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Riceviamo e pubblichiamo la nota del parroco di Paupisi, don Raffaele Pettenuzzo.

“Nella notte tra il giovedì e il venerdì, quando la natura si è ribellata violentemente contro Paupisi e Santo Stefano, rovesciandosi sulle nostre case, sui vigneti e gli uliveti, sulle nostre strade e sino dentro le nostre camere, penetrando nelle cantine e nelle cucine: torrenti di acqua, precipitare di massi, di fango, di pietre, di querce secolari sradicate, trascinando con sé anni di fatica e di sacrifici; quando, dunque, quella notte la disperazione, provocata da una sciagura naturale, ha all’improvviso bussato senza alcuna pietà alla porta dei nostri cuori, per toglierci persino la speranza nella vita … Tuttavia, quella stessa mattina, dopo una lunga notte di paura e di angoscia, dalla nostra Parrocchia si è udito inaspettato e inatteso il richiamo e l’estremo appello dei nostri ragazzi, che sentendosi liberi e perciò forti, riunendosi sotto il vessillo “aiutiamo Paupisi”, sono partiti per aiutare, per sostenere, per faticare con la gente attonita e sgomenta, avendo un’unica certezza: lo spirito di amore, il quale è stato più forte di ogni spirito di morte che ci voleva prostrati e terrorizzati.

Quanti uomini, invece, in questo momento in Italia e qui nel nostro Sannio, non si danno alcuna pena, né si scoraggiano minimamente nel riconoscersi pusillanimi e tornano ad acquietarsi ogni qual volta c’è un fatto grave di calamità o di distruzione causata dalla natura. Essi sono in uno stato di epicureismo spirituale o, se vogliamo, di vizio spirituale, e cioè, vivono in uno stato di quiete – di modo che nulla disturbi il loro piacere di stare fermi di fronte al disordine e al caos di un disastro naturale come quello che è accaduto qui da noi. Per tali uomini, la loro più concreta felicità è il quietismo politico che non è niente altro che lo stato di passività totale fino all’annullamento della volontà di fare un qualcosa di buono. Loro, questi pusillanimi, hanno un sicuro principio da custodire, per la loro pace: “Taci con quiete e persevera nel far nulla nei confronti di chi si trova a lottare contro il fango e le pietre”. Tale tipo di uomo è pago di un quietismo che non gli fa commettere né il bene né il male, di un quietismo che fa di lui uno che pare vivo ma è morto, e con il suo essere tale provoca la morte e il languore di molti altri che gli vivono accanto.

Ma il Maestro Gesù non ci ha forse detto: “I vostri fianchi siano cinti ed accese nelle vostre mani le lucerne” (Lc 12, 35). Dunque, non disse riposatevi, dormite, perché oramai voi siete stati prescelti e siete a posto. Per questa ragione – in quel mattino più che mai, qui da noi – i nostri giovani, del paese e dei dintorni, hanno dimostrato e dimostrano tanta generosità, incuranti dei pericoli e colmi dello spirito vivo di Gesù, rispondendo al meraviglioso appello “aiutiamo Paupisi”: sono partiti, suddividendosi in gruppi di quattro o cinque; “per aiutare, per soccorrere, per offrire solidarietà”, dunque, nei confronti di chi tra l’una e le due del mattino, sentendo un rombo infernale scatenarsi da sopra la montagna e venire su di loro ha dovuto scappare dal proprio letto e dalla propria casa, così come erano, ritrovandosi nel giro di pochi attimi con soltanto quello che avevano addosso, perché la furia di una natura ribelle aveva loro rubato tutto, senza pietà!

Attorno a quello Stendardo “aiutiamo Paupisi”, si sono allora stretti i nostri ragazzi, non consumati dal tarlo di uno sterile scetticismo: ragazzi vivi, forti, ragazzi di fede e di opere, di dolore e di amore; ragazzi decisi ad affermare la loro presenza, seppure nel caos causato dalla natura, di un ordine ideale dello Spirito, che sfugga alla contingenza della materia bruta e della cieca distruzione; ragazzi fedeli al Vangelo di Gesù, i quali rispondendo all’appello, a un estremo richiamo, hanno riempito il cuore e l’anima della nostra gente, facendo loro risentire la vicinanza di Dio, di un Dio che è Padre e che non li ha abbandonati”.

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