Scuola
‘Violenza, tristezza, impotenza’

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Le cronache degli scontri del 14 dicembre a Roma hanno suscitato un moto generale di condanna e tante polemiche soprattutto nelle fasi seguenti gli incidenti stessi, che non ci si sbaglia nel riassumere con la formula della politica contro la magistratura sul sottofondo delle scarcerazioni immediate dei fermati.
Di quelle vicende un’eco, ed un interrogativo, traspare nelle parole del responsabile provinciale della FLC Cgil, Vincenzo Delli Veneri, che nella capitale ed alla manifestazione studentesca ha partecipato, traendone spunto per la cronaca che ha inviato agli organi di informazione.
Dal tetto di Architettura a Roma, da quello di Scienze a Benevento e da tanti tetti e piazze d’Italia si voleva ancora gridare che una riforma diversa da quella proposta dal Governo era possibile per non distruggere, definitivamente, l’Università Pubblica. Vincendo stanchezza, freddo, tanti sono partiti da tutte le province come noi. Appuntamento alle 5 dalla Facoltà di Scienze; solo a Roma abbiamo scoperto che c’erano state altre partenze dall’Industriale e da piazza Risorgimento.
Metro all’Anagnina fino a Termini, poi a piedi fino alla Sapienza. Ci accorgevamo di essere in tanti.
Abbiamo incontrato i ricercatori del Sannio in lotta sul tetto di Architettura a Roma.
“Vieni giù, vieni giù: manifesta pure tu” l’invito del corteo a tante signore che si affacciavano attirate dai nostri suoni e dai nostri colori.
Tanti fotografi, tante televisioni.
Stiamo entrando in piazza dei Cinquecento, ma non siamo gli ultimi, mentre la testa del corteo già si espande nei Fori Imperiali e si integra con i tanti che vengono dal Colosseo. Siamo tanti.
Qualche bandiera di partito, ma tante ragazze e ragazzi: giovani giovani.
Si difendono dall’attacco della Gelmini con tanti libri di gommapiuma che raccontano la cultura.
Non sono quelli che non vogliono studiare. Non sono quelli che non hanno letto il disegno di legge.
Non sono quelli che non sanno che si è ancora tagliato sul diritto allo studio.Non sono quelli che non sanno che è in gioco il loro futuro. Vogliono farsi sentire da quelli che, nel chiuso dei palazzi della politica, stanno decidendo per loro, contro di loro.
Poi si scatena la violenza. Non ha senso cercare chi per primo ha osato, chi ha più colpe.
Vedo le fiamme, le scarpe perse e gli occhiali rotti lungo via del Corso, il sangue su volti giovani.
Provo tristezza e impotenza.
La violenza non è mai cosa buona, soprattutto per i più deboli.
Tanti a dare torto ai ragazzi.
Ma chi ha mai ascoltato i loro ragionamenti, i loro richiami, le loro grida, o quelle più composte che si sono succedute nel tempo?
Non si può essere sordi e lamentarsi quando il campanello comincia a suonare più forte!”.