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Occupazione via Episcopio: la lettera di una studentessa di servizi sociali

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Valeria Tucci, studentessa di servizio sociale, in merito alla vicenda dell’occupazione dello stabile in via Episcopio e all’intervento dei servizi sociali del Comune di Benevento.
Da ormai due settimane gli occupanti di via Episcopio cercano con ogni mezzo di resistere, abbandonati a se stessi da tempo. Le istituzioni si sono rese sorde alle continue richieste di aiuto(“pre-occupazione”)inviate in primis ai servizi sociali. Quest’ultimi solo a seguito dell’occupazione hanno riscoperto la necessità di compiere il loro lavoro avanzando pretese sui minori.
I minori occupanti di via Episcopio sono circa 12 e stanno bene: mangiano, dormono, giocano e sono tornati tranquillamente a scuola. La situazione è precaria ma è sicuramente migliore rispetto a quella in cui riversavano mesi fa (un tetto sotto cui stare anche se non attrezzato di tutto ciò di cui un bambino ha bisogno è di gran lunga migliore della strada).
I funzionari dei servizi sociali si sono posti da subito in modo poco consono alla loro professione: poca comprensione, volontà di non ascoltare ma d’imporre la legge (o meglio il loro volere) e minacce. Il colmo si è raggiunto oggi quando un occupante è stato palesemente minacciato durante un colloquio con l’assistente sociale che ha in carico la sua famiglia.
Dalla registrazione del colloquio anche uno estraneo alla professione può evincere il gioco di potere in atto: tono aggressivo, interruzioni ai tentativi dell’utente di parlare, minacce ed offese. L’assistente sociale in questione minaccia un possibile allontanamento dei minori presenti nella struttura: da semplice studentessa di servizio sociale vorrei ricordare quanto ciò sia difficile, rischioso e ultima ratio nei processi di aiuto.
L’occupazione di un edificio privato comporta determinate conseguenze ma il ruolo dell’assistente sociale non è di certo quello di creare allarmismi, aumentare lo stato d’ansia di persone che già vivono una condizione instabile. Inoltre vorrei ricordare che i membri del movimento di lotta per la casa che lei definisce gentaglia, sono le uniche che hanno aiutato queste persone.
Questi si sono sostituiti alle istituzioni praticando la millantata solidarietà dei potenti. Tutto ciò è ordinaria amministrazione per chi ormai vede l’assistente sociale come una figura da temere se non da disprezzare. Da futura assistente sociale sento un profondo bisogno di “giustificarmi” e puntare il dito contro.
Gli assistenti sociali non sono burattinai che giocano con le vite altrui. Non si è assistenti sociali perché per caso ci si ritrova nel sistema, o perché si ha bisogno di soddisfare il proprio innato desiderio di dominio/potere ma per vocazione. Il servizio sociale è: libertà, socialità, uguaglianza, cambiamento sociale, autodeterminazione, empowerment, partecipazione, rispetto della persona, accettazione e non giudizio, fiducia nel cambiamento, rispetto delle diversità, fiducia, lotta all’emarginazione, disponibilità e collaborazione.
Durante il nostro percorso formativo questi principi ci martellano, così come al di fuori dalla teoria, a contatto con la pratica, con la realtà quotidiana ci martella l’immagine che le persone hanno di noi. Una visione che assistenti sociali come quella del caso specifico hanno contribuito a creare.
Il servizio sociale col tempo ha subito un forte deterioramento per l’inadeguatezza di questi soggetti, fa pensare che ci sia davvero qualcosa di radicalmente marcio al suo interno. E’ importante che si sappia che non è il servizio sociale in sé e per sé malato, sono le persone che esplicano il lavoro sociale ad esser marce…
Valeria Tucci, studentessa di servizio sociale