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POLITICA

In Campania è sparito mezzo Pd

Piero De Luca è stato eletto alla guida del Pd campano con 7.278 preferenze su 7.674 votanti. L’ultima anagrafe contava circa 14mila iscritti. Dati che parlano da soli e ci restituiscono più che l’immagine di un segretario regionale debole quella di un partito ripiegato su se stesso, anoressico

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L’onorevole Piero De Luca, lo sapete, è il nuovo segretario regionale del Partito democratico. Assume la guida del partito in Campania, dopo oltre tre anni e mezzo di commissariamento, con 7.278 preferenze su 7.674 votanti. Come noto era il solo candidato in campo, sostenuto sulla carta da tutte le componenti del partito, in ossequio ad un accordo imposto dal Nazareno per dare copertura alla candidatura di Roberto Fico alla presidenza della Regione, ovvero per costringere il governatore al dovere della fedeltà alla causa del campo progressista. Un accordo subito, che ha creato diffuso malcontento tra la base mettendo a dura prova la capacità di mobilitazione dei vari riferimenti distribuiti sui territori. E i numeri parlano chiaro, anche se vanno letti con la dovuta attenzione.

Innanzitutto va sottolineato che per votare Piero De Luca occorreva iscriversi al Pd o rinnovare la tessera al costo di 30 euro, condizione ben più impegnativa rispetto al passato, quando bastavano due euro per partecipare alle primarie. Questa condizione non ha certamente aiutato la partecipazione, tanto più in considerazione del fatto che in campo c’era un solo candidato, ragione per la quale l’esito era scontato.

Come detto per votare era necessario iscriversi o rinnovare, dunque il numero degli iscritticoincide con quello dei votanti. E se è vero che i termini restano aperti fino a marzo, quindi sulla carta la platea potrebbe allargarsi, ad oggi l’anagrafe regionale risulta dimezzata rispetto all’ultima certificata che contava circa 14mila iscritti. Oggi, come detto, se ne contano circa 7674.

A Napoli nel 2022 si contavano 5839 e oggi sono 2495, a Salerno, roccaforte deluchiana, erano 3500 e oggi sono 2268, ad Avellino erano 2121e sono 1050, a Benevento erano 1313 e oggi sono 908, a Caserta si contano solo 548 votanti ma nessun riferimento con il passato è possibile in assenza di un’anagrafe certificata. Dati che parlano da soli e ci restituiscono più che l’immagine di un segretario regionale debole quella di un partito ripiegato su se stesso, con una base, come detto, dimezzata. Non un partito qualunque ma il Pd, che governa la Regione da un decennio, che governa Napoli e la stragrande maggioranza dei comuni dell’area metropolitana, il Pd egemone praticamente ovunque, che oggi traina il centrosinistra a sostegno di Roberto Fico.

Un partito in crisi di anoressia, guidato da un segretario imposto, simbolo e sublimazione naturale di una sintesi necessaria, subito anche da buona parte di quei 7278 iscritti che ne hanno sostenuto la candidatura. Un segretario che ora dovrà gestire la delicatissima partita della composizione delle liste per le regionali, che dovrà farsi carico anche della mediazione sul padre, a cui non verrà concessa più di una lista, un segretario regionale, questa la verità, eletto prima del vero congresso che inevitabilmente si terrà nelle urne in autunno e, quindi, con i congressi provinciali previsti per fine anno.

Piero De Luca è un segretario debole perché debole era l’accordo su cui è stata costruita la sua candidatura, perché debole è il Pd che viene fuori da questo passaggio congressuale. Ma ha accettato questa sfida e se ne deve far carico. Ha voluto la bicicletta e ora deve dimostrare di saper pedalare. Senza rotelle, senza la spinta di nessuno. O ne uscirà da gigante o ne uscirà da nano.

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