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Associazioni

Fusco (CIA): “Le denominazioni vitivinicole sono un patrimonio da tutelare”

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Un filo rosso che lega storia, tradizione e futuro. Così si è presentato il convegno dedicato alla promozione e alla valorizzazione delle denominazioni vitivinicole campane, che si è svolto oggi a Torrecuso, nel cuore del Sannio, in occasione della 50ª edizione di Vinestate, una delle manifestazioni più longeve e sentite della Regione.

Davanti a una platea gremita di produttori, giornalisti di settore, rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni agricole, il commissario regionale della CIA – Agricoltori Italiani Campania, Carmine Fusco, ha tracciato una panoramica lucida ed appassionata sul presente e sul futuro del comparto vitivinicolo.

«La qualità – ha esordito Fusco – non è solo un requisito tecnico, ma un patrimonio collettivo che va tutelato e promosso attraverso una filiera coesa. Le denominazioni vitivinicole sono l’identità agricola della Campania e uno strumento fondamentale per rafforzare la competitività sui mercati, sia nazionali che internazionali».

Nel suo intervento, Fusco ha ricordato come, solo pochi decenni fa, in molte zone della Campania le uve venissero spesso accantonate e poco valorizzate. «Cinquant’anni fa – ha raccontato – in molte aree della nostra provincia, quella di Benevento, le uve venivano lasciate da parte, mentre in territori come Torrecuso si produceva già vino con determinazione e visione. Oggi questo impegno è diventato una realtà consolidata: a Torrecuso operano oltre 30 cantine, simbolo di una crescita straordinaria che ha trasformato questo paese in un vero punto di riferimento per la viticoltura campana».

Una crescita che oggi si riflette anche nei numeri: secondo il XXII Rapporto Ismea-Qualivita, nel 2023 la Campania ha registrato un valore alla produzione di circa 101 milioni di euro nel settore vitivinicolo, con il coinvolgimento attivo di 4.406 operatori. La provincia di Benevento, in particolare, guida la produzione regionale con quasi 14 milioni di bottiglie certificate nei primi mesi del 2024 e un valore superiore ai 50 milioni di euro.

«La recente accelerazione verso la DOCG per la Falanghina del Sannio – ha aggiunto Fusco – è un riconoscimento importante, che premia l’impegno e la dedizione dei produttori, ma che deve essere accompagnato da una strategia condivisa di comunicazione e promozione».

«Noi produttori siamo i primi ambasciatori del territorio – ha detto Fusco con orgoglio –. Ogni bottiglia di vino racconta la storia delle nostre comunità rurali, il lavoro delle famiglie e le tradizioni che si tramandano da generazioni. Ma per dare forza a questo racconto serve un sistema integrato, capace di unire produttori, consorzi di tutela, istituzioni e associazioni di categoria».

Non basta produrre bene: bisogna raccontare bene ciò che si produce, investendo in promozione, marketing e turismo esperienziale. Le grandi fiere come Vinitaly oggi hanno un impatto minore rispetto al passato. «Non sono d’accordo con l’idea di creare un Vinitaly al Sud: le fiere, da sole, non bastano più. I social network possono essere strumenti potenti, ma non sostituiscono il valore del rapporto umano, dell’incontro diretto con buyer e operatori che possono davvero aiutarci a far conoscere i nostri vini. Per questo è fondamentale avere fondi adeguati, destinati a progetti di comunicazione mirata».

Lo sguardo di Fusco si è poi spostato sui mercati esteri, con una particolare preoccupazione per gli Stati Uniti, uno dei principali sbocchi per l’export campano. «Siamo in ansia per i dazi ed attendiamo la decisione della Corte americana, che potrebbe portare alla loro abrogazione. Una conferma di queste misure protezionistiche metterebbe in seria difficoltà le nostre aziende, compromettendo la loro competitività su un mercato strategico».

Vitigni autoctoni da proteggere e soprattutto giovani da coinvolgere: difendere le varietà storiche è, per Fusco, una priorità assoluta. «La nostra battaglia è proteggere vitigni come l’Aglianico del Taburno, la Falanghina, il Greco di Tufo e il Fiano. Chi pensa di introdurre varietà estranee al territorio commette un errore strategico. Allo stesso tempo, dobbiamo essere capaci di innovare con intelligenza: oggi i giovani consumatori cercano vini frizzanti, e per questo un Aglianico del Taburno frizzante può essere una proposta vincente, che non tradisce la tradizione ma apre a nuove opportunità di mercato».

Il commissario ha poi affrontato il tema del cambiamento climatico: «Stiamo producendo meno e, di conseguenza, guadagniamo meno. È un problema reale che richiede soluzioni condivise, investimenti nella sostenibilità e nuove strategie di adattamento». Coinvolgere le nuove generazioni diventa quindi essenziale: «Dobbiamo interessare i giovani all’agricoltura, offrendo loro formazione, risorse e prospettive concrete. Creare cooperative flessibili, in cui la manodopera possa spostarsi in base alle necessità stagionali, è uno strumento utile per sostenere le aziende e combattere lo spopolamento delle aree rurali».

Guardando al turismo enogastronomico, Fusco ha sottolineato l’urgenza di preparare il territorio all’accoglienza: «Abbiamo un gap importante, anche rispetto a Vinestate di Torrecuso (BN), sul fronte della comunicazione. Dobbiamo portare qui giornalisti, influencer e operatori del settore per far conoscere i nostri vini e le nostre storie. Ma per accogliere i visitatori servono infrastrutture adeguate. Le strade della provincia di Benevento oggi sono inguardabili, e questa situazione rappresenta un ostacolo enorme allo sviluppo turistico. Per questo chiediamo fondi mirati: senza una rete viaria moderna e servizi di qualità, il turismo enologico non può diventare quel motore di crescita che immaginiamo».

In chiusura, Fusco ha lanciato una proposta concreta: «È indispensabile creare un tavolo di lavoro permanente, che riunisca produttori, consorzi, istituzioni e associazioni di categoria e che veda la Provincia di Benevento promotrice. Ho già raccolto un positivo riscontro dal presidente Lombardi. Solo con un confronto stabile e costruttivo potremo difendere le nostre denominazioni, combattere la concorrenza sleale e le contraffazioni, e garantire un futuro solido e sostenibile alle eccellenze vitivinicole campane. Le denominazioni non sono solo etichette, ma una promessa di sviluppo per i territori e una garanzia di qualità per i consumatori».

Il convegno si è chiuso con un forte messaggio di unità, tra applausi e strette di mano, con la consapevolezza che il futuro del vino campano dipende da un impegno condiviso. Torrecuso, con la sua storia e le sue cantine, si conferma così cuore pulsante della viticoltura sannita grazie alle aziende che hanno creduto nell’uva e nel vino, pronte a raccogliere le sfide globali senza dimenticare le proprie radici.

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