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Baselice, la denuncia di una cittadina: “Lunghe attese da nuovo medico di base, Asl intervenga”

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In una lettera inviata agli organi competenti, Rita Bianco, cittadina di Baselice, denuncia con toni forti il caos creato dalla recente nomina del nuovo medico di famiglia, che ha sostituito il precedente in pensione. La donna racconta con precisione la situazione vissuta dai pazienti, denunciando lunghi tempi d’attesa.
“Parlo – si legge nella lettera – della paradossale situazione che si è venuta a creare a Baselice, con la nomina da parte della ASL di un nuovo medico di famiglia a sostituire quello precedente già in pensione da molti mesi.
La nomina – prosegue – del nuovo medico, a inizio marzo, è stata molto pubblicizzata e molto attesa, come è comprensibile, e i pazienti hanno effettuato tempestivamente l’iscrizione presso la ASL e già il primo giorno di ricevimento della nuova dottoressa (a metà marzo) moltissima gente si è recata presso lo studio per essere ricevuta.
Ma da lì è iniziato il calvario per i pazienti e per la stessa dott.ssa: decine e decine di persone si sono riversate presso la sala d’attesa della stessa, aspettando ore e ore per essere ricevute o per essere rimandate a casa senza poter essere viste.
Tre appuntamenti a settimana, per un totale di 6 ore (che il medico in realtà spesso estende), gravemente insufficienti per il numero di assistiti, che sono divenute le ore della vergogna: file lunghissime che non si esauriscono mai, persone che si recano presso lo studio ore e ore (anche 3) prima dell’orario di ricevimento, decine di persone di ogni età e stato di salute che torna a casa senza essere state viste dopo intere mattinate o pomeriggi passati ad aspettare su una scomoda sedia. E nessun segnale di miglioramento si intravede dopo 3 settimane.
Che scene sono queste? E’ forse questo un quadro da Paese civile o non siamo invece in uno spaccato di terzo o quarto mondo? Come è possibile calpestare la dignità di decine, centinaia di persone costrette a desistere dal vedere il proprio medico? Come si può tollerare che venga negato questo diritto, il primo diritto fondamentale, e soprattutto ad anziani e fragili?
Questo fatto è troppo grave e non si può subire in silenzio. Senza andare alla ricerca delle responsabilità e senza lanciare accuse, ma solo per chiedere un intervento risolutivo, ho scritto una PEC alla ASL di pertinenza (San Bartolomeo in Galdo).Non mi hanno risposto”, sottolinea la cittadina.
“Perché è così che si uccide dalle nostre parti, si uccide con il silenzio, con l’indifferenza, con la supponenza di chi si ritiene al di sopra dei cittadini. Così – prosegue – si uccide il diritto a rimanere nei nostri paesi, così si piegano le nostre comunità a un’arretratezza che ricorda epoche in cui la gente comune non era che carne da macello per gli interessi di pochi.
Così si resta o si torna nel sottosviluppo: con la rassegnazione da una parte, il disinteresse dall’altra. Senza un dialogo pubblico, una ricerca sinergica di soluzioni, un’apertura a suggerimenti per migliorare l’organizzazione e l’erogazione di servizi, senza un rispetto vero per gli esseri umani e la loro inviolabile dignità, si precipita in un passato buio e senza speranza. Da cui scapperanno anche gli ultimi superstiti”, conclude la missiva.