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“Quella statua di Papa Orsini oltraggiata dal tempo e dall’incuria degli uomini”

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“Se la statua che posta sulla sommità della monumentale fontana barocca ubicata nella piazza che porta il suo nome, potesse parlare, direbbe: “Benevento, città ingrata, ti ho dato tutto il mio amore, tutto me stesso, volendo anche conservare da Papa il titolo di Pastore della Chiesa Beneventana, e tu, ora, lasci marcire la mia effigie sotto una coltre di fumo, di smog, di ogni tipo di rifiuto!”.

Sinceramente, credendolo Beato e felice nella Casa del Padre Celeste, non credo che Orsini si rivolgerebbe così, alla nostra città. Ma la frase sgorga naturale e non senza motivo in tutti noi che quotidianamente ci troviamo a passare per piazza Orsini. Lo sguardo va spesso lassù, sulla cima della fontana barocca, felicemente restaurata dal Maestro Giuseppe Di Marzo. E, lassù, proprio in cima al monumento, la scultura che raffigura il grande Pastore della Chiesa Beneventana è sempre più immersa in una coltre scura che, come un mantello nero, ne copre la parte superiore, offrendo uno spettacolo poco decoroso agli interessati turisti e visitatori della nostra città.

E allora, visto che i Beneventani, (mi perdonino i miei concittadini) sembrano disinteressarsi del problema, voglio solo citare in sintesi ciò che questo Santo vescovo ha fatto, non solo per Benevento, ma per tutta la Chiesa metropolitana. Il cardinale Orsini ha ricostruito la nostra città in seguito ai due terremoti del 1688 e 1701 che l’hanno profondamente dilaniata, dotando alcuni quartieri, come il Triggio, di un sistema fognario che, perfino oggi, appare tra i più efficaci di quelli costruiti finora.

Ha costruito e ricostruito case e chiese, commissionando gran parte delle opere di ricostruzione di Benevento. Anche per questo motivo, Vincenzo Maria Orsini è celebrato come Alter Conditor Urbis, “nuovo fondatore della città”. Si sa che il Triggio è il quartiere popolare di Benevento, ma pochi sanno che quando si affacciava dalle sue finestre in episcopio, Orsini guardava attentamente i fumaiuoli delle casette, per vedere dove poteva mancare il pane per mangiare. E quando s’accorgeva che non usciva fumo da alcuni comignoli, allora interveniva di persona per non fare mancare il pane laddove ce n’era bisogno.

La fontana innalzata in onore di Orsini è, in realtà, un’encomiabile opera voluta e realizzata da lui. Difatti, volle portare l’acqua dal monte delle Guardie fino al centro della città, onde permettere a tutti di attingere acqua e alle donne di potere lavare i panni senza essere infastidite dagli uomini, come avveniva spesso lungo i fiumi.

Anche il monte frumentario, realizzato per combattere l’usura, era opera di Orsini. E per secoli, fino a qualche decennio fa, il Monte Pegni Orsini è stato tra le opere più benefiche volute e realizzate dall’arcivescovo di Benevento. Quante famiglie si sono salvate in questi trecento anni, senza essere strozzate da usurai senza scrupoli. Tutto merito di Vincenzo Maria Orsini.

Come vero Pastore, amava con tutto se stesso il Popolo di Dio, e visto che la maggior parte di tale popolo era fatta di meno abbienti, nullatenenti o semplicemente miserabili, Orsini “riedificò in città l’ospizio dei pellegrini (1692), e in diocesi ne rinnovò 38 e fabbricò 18; mentre, come aveva proposto ai vescovi suffraganei nel concilio provinciale del 1693, egli stesso ogni tanto, e specialmente in Quaresima e in Avvento, invitava i poveri alla sua mensa e li serviva di persona” .

Un amorevole Padre e un infaticabile Pastore per la Chiesa Beneventana: questo è stato il cardinale Vincenzo Maria Orsini, prima di divenire Papa col nome di Benedetto XIII.
Orsini ha costruito e riattato tantissime chiese, come appare nelle lapidi apposte che ricordano ai posteri la sua instancabile opera pastorale e sociale.

Ha convocato 44 sinodi diocesani e tre concili provinciali – cioè con i sedici vescovi suffraganei, rifulgendo come modello di Pastore. Soprattutto ha effettuato duemila visite pastorali in tempi in cui era difficoltoso e scomodo muoversi per portare la Parola di Dio e il conforto, ai sacerdoti e al popolo cristiano dell’immensa chiesa Beneventana. Raccomandava ai sacerdoti di essere vicini ai malati e alle persone che soffrono, dimostrandosi antesignano di quella Pastorale del malato auspicata dai grandi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, soprattutto da quest’ultimo, artefice dell’esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici e della lettera apostolica Salvifici Doloris.

Quando venne eletto Papa, Orsini volle continuare a riservare il suo amore privilegiato per l’amata Chiesa Beneventana, conservando il titolo di Arcivescovo di Benevento. Avrebbe voluto innalzare una grande basilica, dedicata all’apostolo protettore della nostra città, e ne affidò il progetto a Filippo Raguzzini. Ma, nel movimento di denaro che da Roma doveva giungere a Benevento, c’era una manipolazione, se così possiamo dire, per cui, quando venne a inaugurare la Basilica di San Bartolomeo, Papa Orsini si lamentò, dicendo: “Volevo che fosse innalzata una grande Basilica, voi invece avete solo costruito la sacrestia”.

Se non è ancora santo, è perché qualcuno non è stato tanto degno di essergli al fianco. Ma presto vedremo Vincenzo Maria Orsini agli onori degli altari. Ora, però, cerchiamo di liberare la sua statua dal fumo, dallo smog, dalla fuliggine che la ricopre in parte. Questo fumo e questo smog che deturpa l’effigie di Orsini, non è neanche parente di quel fumo che lui desiderava uscisse da ogni fumignolo delle case del Triggio e di altri quartieri popolari, come segno che al popolo non mancava il cibo.

Non è degno di Benevento esporre ai visitatori una statua così malridotta e in pessimo stato: un uomo, un sacerdote, un religioso domenicano, un grande Pastore di anime come Vincenzo Maria Orsini. Una volta trovarono Orsini rannicchiato e tutto infreddolito in un angolo del cortile interno dell’episcopio. Tremava per il freddo. Videro che non aveva addosso i soliti indumenti per proteggersi dal freddo. Li aveva donati a un poverello di passaggio.

Ora, lassù, su quella monumentale fontana barocca, nel centro della piazza, il più povero è lui. Ma nessuno, passando, lo ricopre, o meglio lo libera dalla coltre nera di quella caligine che è espressione del disinteresse e della noncuranza di quella città che Vincenzo Maria Orsini ha amato come la pupilla dei suoi occhi. È giunto il momento che il Comune, la Provincia, la Sovrintendenza, facciano qualcosa. Ne va dello stesso nome di Benevento: e del suo passato storico religioso”. (Donato Calabrese, giornalista e scrittore)

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