fbpx
Connettiti con noi
Annuncio
Annuncio
Annuncio
Annuncio
Annuncio
Annuncio
Annuncio

Opinioni

Migranti, la soluzione finale per le aree interne

D’ora in avanti ogni straniero che metterà piede sul suolo italico illegalmente verrà rinchiuso in un centro di permanenza fino a 18 mesi. Dodici per i richiedenti asilo a meno che non siano nelle condizioni di versare 5mila euro allo Stato. Manco a dirlo i nuovi centri verranno realizzati nelle aree marginali e isolate, con bassa densità di popolazione, ovvero di elettori. Proprio laddove, in questi lustri, è stato possibile sperimentare percorsi di vera integrazione che hanno cambiato il volto, i rumori e la prospettiva di borghi e comunità

Pubblicato

su

Ascolta la lettura dell'articolo

Visto e considerato che il blocco navale proprio non si può fare, tenuto conto che il globo terraqueo è troppo grande; che lo storico accordo con il dittatore tunisino non ha sortito gli effetti sperati ed annunciati; considerato, infine, che l’invasione di carichi residuali via mare prosegue, e per quanti ne muoiano ne arrivano comunque troppi, le geniali menti di Palazzo Chigi hanno messo a punto la soluzione finale: d’ora in avanti chiunque arriverà in Italia illegalmente, contravvenendo alla legge Bossi – Fini, secondo cui potrebbe entrare in Italia solo chi ha già un lavoro, sarà trattenuto nei centri di permanenza anche per diciotto mesi prima del rimpatrio.

Dodici per i richiedenti asilo ai quali, tuttavia, in ossequio a quanto stabilito dal decreto Cutro, è doveroso concedere un’occasione in più offrendo la possibilità di evitare il Cpr in attesa della definizione della pratica, a fronte di un bonifico di circa 5mila euro. Una giusta cauzione per scampare ai centri di permanenza, per il lusso di sfuggire alla detenzione.

“L’idonea garanzia finanziaria” – così la definisce la norma – per garantire allo straniero, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (ventotto giorni), la disponibilità: a) di un alloggio adeguato, sul territorio nazionale; b) della somma occorrente al rimpatrio; c) di mezzi di sussistenza minimi necessari, a persona”.

Ovviamente, si saranno detti a Palazzo Chigi, perché la soluzione finale possa essere attuata è necessario, prima di ogni cosa, realizzare nuovi centri di permanenza, in numero sufficiente a rinchiuderli tutti, a debita distanza dai grandi centri urbani e dalle aree metropolitane, in luoghi isolati e a bassissima densità demografica dove è più facile esercitare il necessario controllo, dove ci sono pochi elettori.

Insomma, se non c’è verso di fermarli allora li arrestiamo e li nascondiamo in tanti centri di detenzione, tanti lager disseminati nelle aree interne, nei territori marginali, dove è più facile soffocare una sommossa senza passare per i tiggì, dove non c’è il rischio di rivolte popolari, di manifestazioni di piazza, dove il corpo elettorale di ogni comunità corrisponde a quello di un condominio della periferia romana o milanese.

La nuova Snai del governo Meloni, potremmo dire ironizzando. La risposta a due decenni di studi e di analisi sul futuro dei territori interni, di risposte inefficaci e dispendiose per provare ad arginare lo spopolamento, di chiacchiere al vento sul turismo lento, sulla valorizzazione delle risorse primarie da cui dipende l’esistenza stessa del Paese, sulle zone economiche speciali e sulla sfida infrastrutturale. Una risposta concreta e immediatamente attuabile per riconoscere alle aree interne una funzione strategica a servizio della nuova Italia patriota, a garanzia della sicurezza degli italiani.

E apparirebbe quantomeno strumentale provare a richiamare la vostra attenzione, cari lettori, su ciò che in questi lustri è accaduto, da Nord a Sud, nei territori dove dovrebbero essere realizzati i nuovi centri di detenzione per migranti illegali e richiedenti asilo poco abbienti. Porre l’accento sugli innumerevoli esempi di vera integrazione che si rintracciano nelle aree marginali e a bassa densità demografica, sulle ricadute del modello SPRAR, oggi SAI, sulla vita dei nostri borghi, vorrebbe dire cedere alla pretestuosa demagogia. Provare a raccontare come sono cambiati questi territori in questi anni, in che modo queste esperienze e questi percorsi hanno restituito vita e rumore alle nostre piazze desolate, iscrizioni alle nostre scuole, manodopera alle nostre imprese, percorsi di scambio e di crescita collettiva, vorrebbe dire teorizzare la sostituzione etnica pianificata, la resa dell’italica stirpe, il ratto delle italiane. Discendiamo dai romani, certo. Ma ‘sti millenni passati saranno pur serviti a qualcosa, o no?

Annuncio

Correlati

redazione 1 mese fa

Cautano, la storia: dopo 10 anni operaio ghanese abbraccerà figlia mai vista

redazione 10 mesi fa

Benevento, in Prefettura istituito il tavolo tecnico provinciale sulle vulnerabilità

redazione 10 mesi fa

Telese Terme, prosegue il progetto di accoglienza

redazione 1 anno fa

Sbarchi, adozioni ed emozioni nell’ultimo romanzo del sannita Tecce: dal libro un film girato a Benevento

Dall'autore

Marco Staglianò 3 giorni fa

Nel Sud globale di Francesco ci siamo anche noi

Marco Staglianò 1 settimana fa

Né Zinzi né Cirielli, senza i deluchiani nel centrodestra non si cantano messe

Marco Staglianò 2 settimane fa

Un ricorso “politico” per una sentenza sacrosanta. Ma il regno di De Luca durerà ancora a lungo

Marco Staglianò 3 settimane fa

Per dettare le condizioni al Pd serve l’accordo con i Cinque Stelle: la via per la pace della famiglia De Luca

Primo piano

redazione 10 ore fa

Variante al progetto di riqualificazione per il campo Mellusi: il padel sostituito da tendostruttura con gonfiabili e sala giochi

redazione 10 ore fa

Sannio, primo assaggio d’estate nel Ponte del 1° maggio: sole e temperature massime vicine a 30°

redazione 11 ore fa

Lorenzo Benedetto alla guida dell’Ordine dei Geologi della Campania

redazione 12 ore fa

Benevento, a metà giugno torna come da tradizione la Festa del Sacro Cuore

Copyright © 2023 Intelligentia S.r.l.

Skip to content