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CULTURA

Domenico Cosentino fugge dal macello e scrive Verde Oregon. Con Flavia creano Casa Naima a San Giorgio del Sannio, libreria indipendente e rifugio culturale

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Bisognerebbe rimanere inchiodati alla prima di copertina di Verde Oregon, il libello di poesie di Domenico Cosentino per i tipi di Strade Bianche – Stampa Alternativa. Leggere i fogli bianchi del corpo testo senza andare alla quarta di copertina. Farsi per tale via un’idea sbagliata. Credere, insomma, che il verde sia quello dei camici degli operai, dalla rinascita possibile nella rivolta, e non la condanna senza appello della miopatia dei polli pesanti, quelli d’allevamento: la malattia dell’Oregon, lo sviluppo anomalo provocato da mangimi proteici che vanno a ingrossarne il petto.

S’allineano gli occhi e s’indirizza il cuore proprio a questo bivio: sovvertimento o resa. Supplizio dell’anima in una fabbrica di morte, miasmi e carcasse o fuga di vita. Domenico ha lavorato per sei anni in un macello di pollame d’allevamento, per la grande distribuzione, alle porte di Napoli. La raccolta di poesie pare seguire il progredire del disincanto esistenziale. Se infatti l’amore appare, chimera, nelle prime pagine con “Storia d’amore postindustraile”
(Se siamo fortunati ceniamo insieme con i piedi doloranti e semi congelati, il freddo del pavimento nelle celle frigorifero a 0 gradi attraversa le suole e i calzini di lana senza paura e gela il primo strato di pelle… se siamo fortunati ci baciamo davanti la porta di casa, mentre tu vai al lavoro ed io ritorno dal mio turno di notte, e questo è quello che possiamo regalarci oggi)
fa presto spazio all’orrore dei corpi annichiliti, marci degli operai tra carcasse disfatte degli animali.

E’ con Fantasmi che si entra nel cuore della raccolta dove agli uomini del macello sono tolte non solo la vista e la parola non urlata (Nelle sale di eviscerazione salgono sbuffi di vapore durante la sgrassatura/ gli operai fantasmi avvolti dal fumo/ urlano tra loro per riconoscersi e capirsi/ devono toccarsi le braccia. Per me sono sfocate visioni verdi/ il colore delle loro tute impermeabili) ma in “Come insetti” lo stesso corpo diventa quello di un insetto senza nessun Durrennmatt a nobilitarlo: (Manca la corrente/i corridoi diventano cunicoli spettrali/illuminati solo dalle lampade UV per attirare gli insetti, neon azzuri al buio. Ci riconosciamo dalla camminata: erranti, sfiniti, stanchi. Le galline sono salve per 45 minuti, un urlo squarcia la tenebra. Riparte la catena dell’appendimento, si sfregano le mani, ricomincia la mattanza).

L’antropomorfismo cede il passo alla immedesimazione a contrario in Loop (Mi sono incantato a osservare il loop macabro, lo sguardo dei polli che mi passano davanti nella sala dello storditore. Si chiamano broilers sono tutti uguali, con le piume bianche e gli occhi bui…gli ultimi sprazzi di vita prima dell’oblio. Ci sinceriamo che non soffrano prima di essere sgozzati. Vengono trascinati su un nastro di acciaio che viene chiamato reggifesa. Il movimento rilassa l’animale che non sbatte le ali. Sono tutti calmi. Pochi di loro cercano di divincolarsi dai ganci, nessuno prova la fuga perché non desiderano la libertà, non sanno cosa sia. Quando mi passano davanti pensano che quello FINITO sia io che li osservo stupidamente attraverso il vetro di plastica bianca) ribadita da NEL BUIO […un broiler (come sono chiamati i polli da macello, razza selezionata per vivere fino a 50 giorni), bagnato, sfuggito al massacro, anche se gli apro il cancello e mi allontano non fugge, non sa dove andare o cosa fare abituato a vivere in una gabbia e non poggiare mai le zampe in terra. Non sa cosa farsene di questa libertà, nato solo per essere macellato).

Ma è qui che la fuga comincia a farsi strada: […Tutto continua imperterrito nel carosello infinito della macellazione. Stomatiti e bruciori di stomaco, denti marci e alito pestilenziale di pranzi consumati in fretta davanti lo scarrabile bludelle budella/cibo lasciato al sole a 40 gradi/non abbiamo in dotazione il frigorifero/ carne di terza scelta la più economica sul mercato oppressioni/ il cuore chiuso in una morsa/ forse sto morendo ORA].

E quel feto nato morto cessa di essere presentimento per diventare negazione: NEL RECINTO […Una mattina di maggio sento urlare il mio nome, cercavano un veterinario (una cavalla nera, in un recinto poco distante dal macello dove era relegata, ndr] la cavalla non stava molto bene. Spiegai alla proprietaria che non mi ero mai occupato di grandi animali ma era ovvio che qualcosa fosse andato storto durante la gravidanza/l’animale si lamentava e la testa esanime e bluastra di un puledrino spuntava inerme dalla grossa vagina. La cavalla si dimenava cercando di far uscire il cucciolo senza vita…Uomini abituati a tagliare gole e a stordire vacche ora erano poggiati alle assi in silenzio con i camici sporchi di merda e sangue/abbassavano gli occhi sulla terra smossa, non riuscivano a sostenere quello spettacolo, il dolore di una madre che cercava aiuto e nessuno di noi sapeva intervenire. Ci facemmo coraggio e così mentre un macellaio distraeva la femmina altri tre appenditori estrassero il corpo dal grembo… Rimanemmo in silenzio mentre la cavalla leccava il figlio, lo spingeva con la testa sperando si alzasse… finalmente dopo ore di veglia la cavalla si addormentò esausta e così un custode si intrufolò nel recinto caricò il corpo su una carriola pronto per essere ritirato dal servizio veterinario].

Domenico è fuggito. Oggi insieme alla moglie Flavia ha creato un luogo di cultura e di respiro, la Libreria Casa Naima, a San Giorgio del Sannio. E’ sua, assieme a due soci, la casa editrice “round midnight edizioni” dove autori, oggi per la stampa su larga distribuzione, hanno mosso i primi passi letterari.

“Sei stato fortunato nel pubblicarli o bravo nello scoprirli”, gli ho chiesto. Mi guarda indeciso. Non sa se schernirsi nella finta modestia degli intelligenti o essere brutalmente sincero. Propende per la seconda: “Sono capace di riconoscere i talenti”. Lo spazio culturale brulica di pubblicazioni di pregio e indipendenti. Perché da ogni macello, personale o collettivo, è possibile tornare a respirare a polmoni pieni e narici libere.

Tiziana Nardone

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