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San Pio e Fatebenefratelli, la lettera: ‘Ridare luce, valore e senso alle camere mortuarie sarebbe grande atto di civiltà’

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“Se volete avere un’idea di come la persona umana è considerata negli ospedali di Benevento, recatevi a fare visita a una persona deceduta che si trova nella morgue (camera mortuaria per chi non intende) in attesa, a volte anche un giorno o più, prima di essere portata al cimitero.
Mi si perdoni la franchezza, ma è un sentimento di amarezza che mi spinge ad usare questo linguaggio schietto, nella speranza che gli Amministratori dei due grandi ospedali di Benevento compiano un atto di grande umanità, verso i defunti e i loro cari”. Così in una nota alla nostra redazione il giornalista sannita Donato Calabrese, storico di Padre Pio e appassionato di spiritualità cristiana. 

“Qualche giorno fa cercavo la Morgue presso la struttura ospedaliera Sacro Cuore di Gesù, dei Fatebenefratelli. Ho chiesto a una persona, e mi è stato detto di andare dall’altra parte (via Valfortore). Sono andato dall’altra parte, in cerca di una scritta: MORGUE, o CAMERA MORTUARIA, ma niente. Poi l’ho trovata, perché ho chiesto ripetutamente a più persone.

Ci vuole veramente poco, per rendere più umane le camere mortuarie dei nostri ospedali, cominciando dallo scegliere locali meno freddi, scialbi, spogli, rispetto a quelli interrati o seminterrati utilizzati oggi presso l’ospedale civile e quello dei Fatebenefratelli. Perché non ubicarle a pianoterra? Perché non aggiungere un piccolo o grande segno di speranza, come un crocifisso, un’immagine di Maria Santissima, di Padre Pio. A volte ci sono, ma è perché ci hanno pensato le imprese funebri.

Un ambiente più caldo, al posto dei locali umidi e freddi delle Morgue, porterebbe anche un po’ di calore umano. Una volta a Benevento c’era, e forse c’è ancora, la bella solidarietà espressa con il CONSOLO (‘U cuònsolo). Era un’occasione per testimoniare affetto, vicinanza, condivisione, alle persone che piangevano o piangono il loro caro defunto. Sarebbe veramente un segno di grande civiltà, di umanità, se gli amministratori degli ospedali disponessero qualcosa del genere a favore di coloro che nella camera mortuaria sono vicini al caro estinto, magari eleggendo (questo è il termine più adatto per un’autentica missione di carità) persone sensibili e profondamente umane, oltre che cristiane.

La morte – prosegue Calabrese – è un grande mistero e va rispettato anche dai vivi. Nel suo Cantico delle Creature, Francesco d’Assisi diceva: “Laudato sii, o mio Signore, per nostra sora Morte corporale, dalla quale nessun uomo vivente può scampare”. È dovere di ogni cristiano dare una dignitosa accoglienza a chi ha vissuto la sua vita tra gioie e soprattutto dolori. Purtroppo, chi ha avuto la disavventura di morire in ospedale, giace in un’umida, fredda, desolante, camera mortuaria. È estremamente deplorevole che degli Enti ospedalieri, anche quelli considerati avanzati come il San Pio, e anche quelli a carattere religioso come il Fatebenefratelli, accolgano in locali tristi, freddi, miseri, e senza alcun segno di speranza e di amore – come un crocifisso o un’immagine di Maria Santissima – i corpi di coloro che sono morti e i loro congiunti che li piangono con estremo dolore.

Datevi una mossa! Mostrate un poco di buona volontà. Sarebbe anche l’occasione per dimostrare che l’efficienza di un ospedale non si riconosce dai reparti più avanzati, ma da quelli che sono quasi sottoterra, così come sottoterra è la considerazione che la Società di oggi ha verso la persona defunta. Ma sempre di un essere umano si tratta. Anzi, una volta, perfino il seppellimento dei morti era un’opera di misericordia corporale.

Gesù si commosse per le lacrime di una mamma che piangeva il figlio morto, nei pressi del villaggio di Nain. La sua compassione lo mosse, a risuscitare il giovanetto.
Gesù piangeva per l’amico Lazzaro morto da tre giorni. Eppure lo risuscitò. Ma questo lui poteva farlo. Ridare luce, valore, senso, alle camere mortuarie, sarebbe un grande atto di civiltà, ed anche di solidarietà e di amore per coloro che ci hanno preceduto nella Patria Celeste”.

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