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CRONACA

Morì al Fatebenefratelli a seguito di operazioni: richiesta di processo per due sanitari

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Erano fondate le tante perplessità dei familiari di Lucia De Gregorio, che li avevano spinti a rivolgersi a Studio3A e a presentare un esposto alla magistratura per segnalare un probabile caso di mala sanità e chiedere, ottenendola, l’apertura di un’inchiesta sulla morte della loro cara, avvenuta il 4 aprile 2021 all’ospedale Fatebenefratelli di Benevento.

Anche secondo i consulenti tecnici nominati dalla Procura il decesso è stato dovuto “a errata condotta professionale” da parte di due medici che l’hanno operata, già iscritti nel registro degli indagati e all’indirizzo dei quali ora il Pubblico Ministero titolare del procedimento penale per omicidio colposo in ambito sanitario, la dott.ssa Maria Colucci, si appresta a emettere l’avviso di chiusura indagini prodromico alla richiesta di rinvio a giudizio.

Gli ultimi due anni della donna, che ne aveva solo 61 e risiedeva con il marito e i tre figli a San Nicola Manfredi, sono stati un inferno. La signora, che soffriva di grave obesità, nel febbraio 2019 era stata sottoposta dallo specialista che la seguiva, il chirurgo direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale del Fatebenefratelli, a un intervento di mini bypass gastrico riparazione di laparocele e da allora era iniziato un calvario di problemi e numerose altre operazioni “riparatrici” nonché di ricoveri anche in Terapia intensiva dovuti a complicanze varie tra cui una setticemia.

Una delle conseguenze che le avevano lasciato quell’intervento e l’infezione era l’applicazione di una sacca esterna per la raccolta delle feci, situazione pesante e difficile da sopportare e accettare, ragion per cui la paziente, nel giugno 2020, in occasione di una visita di controllo, ha chiesto al suo medico se fosse possibile rimuoverla. Il chirurgo, dopo averla sottoposta a una serie di accertamenti, ha risposto positivamente e il nuovo intervento, a lungo rimandato causa pandemia, è stato effettuato l’11 marzo 2021. In realtà si è trattato di un intervento multiplo in cui i chirurghi sono intervenuti su tre diverse patologieaddome pendulo post-bariatricolaparocele mediano ansa ileale esteriorizzata per pregressa perforazione. Anche stavolta però sono insorte gravi problematiche, la sessantunenne è andata ancora in setticemia, è stata sottoposta ad altre operazioni d’urgenza per cercare di risolvere le complicanze, ma dopo un’agonia di tre settimane in terapia intensiva, il 4 aprile è spirata.

Non riuscendo a capacitarsi di tutte queste tragiche vicissitudini, e nutrendo forti riserve sulle cure prestate alla loro congiunta, il marito e i figli hanno deciso di fare piena luce sui fatti: attraverso il consulente legale Vincenzo Carotenuto, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, e all’avv. del foro di Santa Maria Capua Vetere Vincenzo Cortellessa, ed è stato presentato un esposto ai carabinieri di San Giorgio del Sannio con la richiesta all’autorità giudiziaria di accertare eventuali responsabilità mediche nel doloroso evento. Richieste ritenute degne di considerazione dalla Procura di Benevento che, tramite la dott.ssa Colucci, ha aperto un fascicolo iscrivendo nel registro degli indagati quattro medici: oltre ad un 65enne di Avellino, anche un 52enne di Cesinali, il secondo operatore chirurgico durante l’operazione “incriminata”, e altri due dottori dell’équipe. Inoltre, il magistrato ha disposto l’autopsia sulla salma per appurare le cause della morte e valutare la condotta dei sanitari che l’hanno avuta in cura incaricando il medico legale Umberto De Gennaro, Osvaldo Micera, specialista in Chirurgia, e Vincenzo Iorio, anatomopatologo.

Nella loro perizia, i Consulenti Tecnici d’Ufficio hanno confermato tutti i dubbi dei familiari pervenendo alle stesse conclusioni degli esperti di Studio3A. Hanno chiarito innanzitutto che il decesso è stato causato “da shock settico conseguenza di setticemia generalizzata insorta a seguito di multiplo intervento chirurgico”, rilevando come lo stato anteriore della donna non abbia avuto nel decesso un’incidenza causale determinante. I Ctu hanno altresì sottolineato come le tre patologie su cui i medici sono intervenuti fossero tutte benigne e la prima, in particolare, di natura estetica, per cui si trattava di operazioni non necessarie a salvare la vita alla paziente e dunque differibili o eseguibili anche in tempi diversi. Secondo i tre specialisti, infatti, le risoluzioni di queste tre problematiche “non andavano associate, anche solo per l’alto rischio di infezione costituito dall’ileostomia”: pericolo che a maggior ragione doveva essere tenuto in considerazione nello specifico “dato il rischio perforativo già vissuto due anni prima dalla paziente ed a cui tale soluzione esponeva nuovamente”. “Le premesse per la complicanza settica-perforativa erano solide quando si è scelto, nel marzo del 2021, di eseguire contemporaneamente i tre interventi specialmente senza lo studio del transito intestinale a valle della stomia. L’errore è rappresentato dalla scelta di eseguire contemporaneamente, in timing di temporalità ristretta, tutti e tre gli interventi. Sussistono profili di errata condotta professionale estrinsecantesi precipuamente nella decisione di sottoporre la deceduta a multiplo intervento chirurgico, decisione dell’operatore chirurgico capo. Nel caso è venuto meno il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche cliniche” conclude la perizia.

A fronte di queste inequivocabili conclusioni il Pm, con decreto del 27 aprile scorso, ha chiesto al Gip l’archiviazione del procedimento per gli altri due medici dell’équipe, in capo ai quali i consulenti tecnici hanno escluso profili di responsabilità penale, e la cui posizione sarà stralciata, ma ha anche chiarito che procederà separatamente nei confronti del 65enne e 52enne, per i quali i CTU, come detto, hanno invece concluso affermando la piena sussistenza di condotte penalmente rilevanti.

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