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Covid, denatalità, spopolamento e qualità della vita: la politica rifletta sul futuro del Sannio

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Con una delibera dello scorso 3 agosto l’amministrazione di Pesco Sannita ha riconfermato il contributo di ‘Benvenuto ai nuovi nati’ anche per le nascite avvenute nel 2020, anno tanto triste quanto difficile che verrà ricordato nella storia come quello dell’emergenza covid. Una misura di sostegno socio-economico da 500 euro per ogni neonato, riservato ai bimbi nati da nuclei familiari o monoparentali già residenti nel comune sannita, e a condizione che i piccoli siano iscritti all’anagrafe della popolazione residente. 

Una bella e lodevole iniziativa che si rinnova da tempo, quella della Giunta del sindaco Michele, volta alla promozione di interventi a favore della famiglia e che contribuisce allo sviluppo e alla qualità della vita della comunità. Un segnale di speranza, un granello di terra in un territorio, il Sannio, dove la denatalità è galoppante come le migrazioni verso nuove opportunità lavorative e i servizi per l’infanzia e le politiche giovanili – secondo la recente classifica sulla qualità della vita presentata da Il Sole 24 Ore – ci collocano nei bassifondi della graduatoria nazionale. 

E pensare che nel corso del primo lockdown i ‘buontemponi’ profetizzavano, data la reclusione domiciliare e l’assenza di svaghi, un boom delle nascite. I dati, purtroppo, hanno smentito ogni previsione in tal senso e si preannunciano numeri da record in negativo e che confermano un malessere strutturale sempre più consolidato. Dal 1975 ad oggi le nascite sono sempre diminuite, con una discesa più sensibile nell’ultimo decennio. Il crollo (parliamo di un calo nazionale di natalità tra il 3 e il 5% rispetto al 2020), al di là dei limiti nella semplice analisi dei numeri e di innumerevoli fattori, è sicuramente influenzato dalla paura per la diffusione della pandemia, che ha anche connotato la vita e le scelte delle coppie.

L’iniziativa di Pesco Sannita muove dunque una riflessione fondamentale soprattutto nella nostra provincia, martoriata ormai da anni dal netto calo demografico che ci avvia inesorabilmente nei prossimi decenni verso un dimezzamento spaventoso. Un Paese che invecchia soltanto è meno dinamico e vitale, meno capace di innovazione e creatività, meno aperto al futuro. Lo squilibrio generazionale minaccia il sistema pensionistico e quello sanitario, con effetti pesantemente negativi per le future generazioni. Ma la denatalità danneggia anche la tenuta del tessuto relazionale, producendo solitudine per gli anziani e un progressivo impoverimento della coesione comunitaria e solidaristica. L’Italia in generale e il Sannio in particolare, poi, hanno inoltre un grave e annoso problema di abbandono dei piccoli Comuni e delle aree interne: anche in questo caso lo spopolamento produce danni in diversi ambiti, tra cui la salvaguardia del territorio e della biodiversità, la conservazione delle tradizioni culturali e del patrimonio storico, architettonico e paesaggistico.

Più che l’attribuzione di ‘colpe’, pratica assai diffusa con caccia ai colpevoli istituzionali (e che non ha mai sortito effetti), bisognerà ora lavorare insieme per contrastare il generale sentimento di sfiducia che pervade principalmente i giovani, programmando interventi di welfare familiare per alleviare le difficoltà che spingono le coppie ad attendere tempi migliori ma anche lontani. Non solo: il contrasto alla decrescita neonatale dovrebbe scaturire anche dallo sforzo concertato tra le istituzioni per facilitare la vita delle donne che lavorano e combattere lo stigma dell’invecchiamento della popolazione, che danneggia tutti. L’Italia può fare tesoro delle buone pratiche già sperimentate in altri Paesi, dall’assegno unico agli asili nido, dai servizi alla genitorialità alle politiche di conciliazione, dai congedi parentali a una maggiore equità fiscale per le famiglie. Queste misure, su cui il nostro Paese è in ritardo, sono necessarie ma non sufficienti. È importante tornare a dare prestigio sociale al ruolo genitoriale, saper comunicare la ricchezza della relazione con i figli, fugare i dubbi e i timori su maternità, parto e allattamento, informare in generale sulle buone pratiche e su tutti gli aiuti messi in campo da amministrazioni pubbliche e da privati a sostegno di chi desidera diventare genitore. Sono queste le finalità dei Progetti di legge (Pdl), ad oggi sei, depositati sia alla Camera che al Senato, per istituire, il 25 marzo, la Giornata della Vita Nascente. Si tratta di proposte prive di costi, firmati da esponenti di forze politiche di diversa collocazione, che mirano a dare un forte segnale culturale, ad aprire un dibattito che coinvolga tutti. 

Senza figli l’Italia e il Sannio non hanno futuro: naturalmente servono i sostegni, gli aiuti, anche i riconoscimenti economici alle famiglie, alle mamme, ai papà, ma serve anche la costruzione di un clima di valorizzazione della genitorialità. Un tema – che al pari dell’evergreen ‘lavoro’ e disoccupazione – che dovrebbe rientrare in questa campagna elettorale e nei programmi dei candidati sindaco in corsa per Palazzo Mosti e per gli altri comuni al voto: è necessario diffondere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, una cultura della speranza, che dica alle giovani coppie che vale la pena, che si può rischiare positivamente e che un figlio non è solo una persona che ha il diritto a vivere, una famiglia che ha il diritto ad accogliere, ma anche una società che senza tali componenti non ha possibilità di progresso. Proposte e idee territoriali – partendo già dall’adesione del neo sindaco eletto alla Rete per la Giornata della Vita Nascente – potrebbero essere un piccolo ma significativo passo per provare a contrastare una vita futura senza futuro. (G.F.)

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