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ECONOMIA

Covid, ‘annus horribilis’ per le visite ai musei: un terzo in meno rispetto al 2019. E dal 2014 il settore non cresce

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In questo ultimo anno di pandemia ci siamo occupati spesso dei risvolti economici legati al covid. Dal commercio ai ristoratori, fino al settore degli spettacoli, sono numerose le categorie che hanno sofferto a causa delle restrizioni. Grazie ad una analisi di Infodata de “Il Sole 24 Ore” sono disponibili alcuni dati per valutare anche l’impatto del virus sulla crisi dei musei e della cultura più in generale.

I dati nel Sannio sono orribili, come nel resto del Paese, con un calo di oltre 25mila visitatori nei siti della provincia. Un danno di immagine, ma anche economico con il quale bisognerà fare i conti.

“A livello nazionale – racconta il quotidiano economico -, la pandemia ha colpito duro sui nostri luoghi di cultura. Il 2020 ha significato per i musei, monumenti e aree archeologiche del nostro Paese la perdita di 41.5 milioni di visitatori. Oltre 19 milioni di visitatori paganti, che significano 190 milioni di euro lordi di incassi mancati”. E’ ovvio che il tonfo maggiore c’è stato nei principali attrattori culturali, che hanno visto un calo maggiore rispetto ai piccoli siti.

Tuttavia, il fenomeno deve essere analizzato globalmente anche perché le esigenze di ripresa e valorizzazione non possono essere le stesse per i grandi siti e per i piccoli musei.

Ma cosa ci dicono i numeri? Entrando nel dettaglio provinciale scopriamo che nel 2019 i visitatori – paganti e non paganti – erano stati 43.363, un anno dopo a causa del covid e dei divieti di spostamento sono stati 15.424. Di questi, i paganti sono stati 5.446 per un introito lordo di poco superiore ai 10.200 euro (nel 2019 l’incasso era stato di oltre 30.500 euro).

Proseguendo nell’analisi, però, c’è anche un altro dato interessante: la serie storica sulla presenza di visitatori dal 1996 ad oggi offre un quadro complessivo che merita una piccola digressione. In sostanza, nel 2020 siamo scesi a livelli bassissimi che non toccavamo dai primi anni del 2000. Secondo i dati, la crescita costante è avvenuta dal 2008 in poi per avere una prima impennata nel 2011 con il riconoscimento Unesco di Santa Sofia, che ha portato le visite nei musei da 12mila ad oltre 19mila. E’ seguito un periodo florido fino al 2014, anno top per ingressi nei musei, quando si è toccata la vetta degli oltre 48mila biglietti staccati.

Dal 2015 al 2019 la domanda è calata, ma è rimasta costante assestandosi in un range che va dai 37mila ingressi del 2015 ai 41mila del 2019. Poi il calo di cui abbiamo già parlato dello scorso anno.

Questi numeri, però, obbligano ad una ulteriore riflessione: il dato regionale, in linea con quello nazionale, mostra una curva che cresce in maniera costante nel tempo, da noi invece le visite sono prima calate (2015) e poi si sono assestate. E’ evidente che manca qualcosa se non riusciamo a seguire il trend regionale e italiano.

Lo abbiamo scritto per quanto riguarda il turismo – settore strettamente legato alla cultura –; servono programmazione ed investimenti pubblici e privati. Bisogna credere nel comparto se davvero si vuole pensare di puntare sul turismo e sulla cultura per rilanciare il territorio. Il singolo evento non basta: bisogna ragionare come sistema territoriale globale. I numeri non mentono mai e in vista delle prossime elezioni comunali è bene che il tema rientri nell’agenda del prossimo governo cittadino. Questa volta, però, in maniera decisiva.

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