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CRONACA

Insulti razzisti a Maxime Mbanda, nazionale di rugby e di origini sannite

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Insulti razzisti a Maxime Mbanda, flanker 26enne della Nazionale azzurra di rugby, originario del Sannio (mamma di Pannarano), figlio di un medico congolese. A denunciare il fatto è stato lo stesso giocatore con un post su Facebook, alla vigilia della partenza con la sua squadra, le Zebre, per il Galles.

“Ieri sera – scrive l’atleta sul social network –  dopo anni che non mi succedeva, ho subito un atto di razzismo. Giusto appunto due giorni fa, rispondendo ad una domanda, dissi che i miei genitori mi avevano insegnato sin da piccolo ad affrontare gli episodi di razzismo col sorriso, MA QUESTA VOLTA NO. Questa volta non erano frasi dette da un bambino che avrebbe potuto semplicemente ed ingenuamente ripetere ciò che poteva aver sentito da genitori, altri bambini, televisione o qualsiasi altra fonte”.

L’insulto: “Sentirsi dire, da cittadino italiano e mulatto quale sono ‘VATTENE NEGRO DI MERDA, TORNATENE AL TUO PAESE’ (parole tutte reperibili in qualsiasi dizionario Treccani), mi ha letteralmente ferito, deluso, danneggiato moralmente e mi ha fatto riflettere tutta la notte. Solitamente cerco di farmi scivolare addosso tutte quelle frasi stupide che vengono passate come barzellette o frasi scherzose riguardante i NEGRI o comunque gli immigrati in generale, MA QUESTA VOLTA NO”.

Delusione e rabbia per il giocatore, lui che è italiano al 100%: “Sono nato in Italia da una donna sannita di Pannarano, un paesino in provincia di Benevento e da un uomo congolese, venuto in questo Paese con una borsa di studio a 19 anni e diventato un Medico Chirurgo sapendo solo lui le difficoltà a cui sia andato incontro. Sarò sempre quel ‘NEGRO’ che alcune persone ignoranti usano con quel tono dispregiativo e sarò sempre ITALIANO, che la gente lo voglia o no. Sono fiero di essere il risultato dell’unione di due culture diverse e mi batterò sempre affinché vengano RISPETTATI I DIRITTI DI CITTADINO ITALIANO E DEL MONDO miei e di qualsiasi altra persona che abbia una storia analoga alla mia e che si possa chiamare Mario, Giulia, Juan, Xiang, Mohamed. Spero tanto che alla persona in questione arrivi, anche solo per sbaglio, questo messaggio e che si faccia un esame di coscienza oltre che ritagliarsi qualche momento delle sue giornate per leggere ed acculturarsi per evitare di rimanere nella deficienza, intesa come difetto di preparazione scolastica. #noalrazzismo”.

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