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Il Sannio ha un suo tartufo nero: scoperta dall’Unisannio la linea genomica del Tuber Mesentericum
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GUARDA VIDEO Il tartufo nero ordinario invernale che cresce e viene prodotto nel Sannio ha una sua specificità genetica di carattere vegetazionale e microclimatico che lo rende molto diverso dai tartufi francesi, spagnoli e di Bagnoli Irpino. Una linea genomica propria, dunque, che è stata accettata anche dalla Banca internazionale del genoma e che rappresenta la via maestra per proteggere questo prodotto dall’approvvigionamento altrui.
E’ quanto emerso dalla ricerca sul Tuber Mesentericum condotta dai ricercatori del Dipartimento di Scienze e Tecnologia dell’Unisannio sui territori del Taburno Camposauro e di Pannarano sotto la guida del professore Ettore Varricchio e finanziata dall’Istituto zooprofilattico del Mezzogiorno e presentata sabato 19 dicembre scorso presso il salone della Camera di Commercio di Benevento durante il convegno dal titolo “Tracciabilità genetica e qualità nutraceutica per la valorizzazione del tartufo del Sannio, del Partenio e del Molise – I tartufai camminano insieme” .
Un dato importante e fondamentale per avviare la procedura di etichettatura e di valorizzazione del tartufo sannita, che rappresenta una fonte di ricchezza che si aggira intorno agli otto milioni di euro solo per il bianco classico, che si accompagna tra le altre cose ai forti effetti benefici di questo prodotto sulla salute umana, contenendo quantità di polifenoli e altre sostanze che incidono in maniera positiva sulla capacità di memorizzazione, sul tono dell’umore e migliorano il flusso periferico del sangue.
Riscontrato anche un alto livello di anandamide, la cosiddetta molecola della felicità.
Per questo è già in programma per il futuro una forte collaborazione con il ricercatore Scapagnini dell’Università del Molise e con il Consorzio Sannio Tech per un filone di ricerca sulla qualità nutraceutica del tartufo del Sannio.
Il convegno ha avuto l’obiettivo prioritario di stimolare una riflessione sulla possibilità più che concreta, considerati i dati della ricerca, di creare una filiera strutturata per tutelare il patrimonio tartuficolo autoctono e salvaguardare l’identità del territorio contro lo scippo che frequentemente avviene di questo prodotto, spesso commercializzato all’estero o in altre parti d’Italia.
“Un obiettivo che si può raggiungere – come ha sottolineato il professore Varricchhio durante il suo intervento – soltanto lavorando tutti insieme, a partire dall’Università, con i Gal, le associazioni di categoria e dei tartufai, auspicando un impegno maggiore anche da parte della Regione e della nuova programmazione 2014/2020 perla salvaguardia delle tartufaie”.
“Enti e politica devono essere al servizio del prodotto e della sua salvaguardia – ha sottolineato il commissario dell’Istituto zooprofilattico del Mezzogiorno, Antonio Limone, evidenziando la necessità di un’etichettatura dei prodotti autoctoni derivante da una maggiore domanda di consapevolezza da parte dei consumatori.
Presenti al convegno, tra gli altri, i diversi rappresentanti dei Gal, dell’associazione tartufai sanniti Nicola De Bellis e il vicepresidente della commissione Agricoltura della Regione Campana, Mino Mortaruolo che ha evidenziato la necessità di “lavorare tutti insieme e azzerare le divisioni e gli individualismi, per un sistema Sannio e la valorizzazione delle sue eccellenze eno-gastronomiche, precisando che la nuova programmazione europea stanzia importanti fondi per la ricerca o per raccontare il nostro territorio in Italia e all’estero”.