POLITICA
Alluvione, il Pd Alto Sannio: “Urgente necessità di manutenzione di fiumi e torrenti per la sicurezza”

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“Il tema della manutenzione e della pulizia dell’alveo dei fiumi e dei torrenti è riemerso con drammatica urgenza nei due eventi alluvionali che hanno funestato il Sannio lo scorso ottobre. Un’azione ordinaria e programmata nel tempo avrebbe contenuto considerevolmente i danni. È pertanto non più rinviabile una riforma delle procedure e delle norme che regolano questo settore”. Così in una nota il consigliere provinciale Giuseppe Antonio Ruggiero e il coordinatore del Pd Alto Sannio, Giovanni Cacciano.
“Non c’è più spazio – aggiungono – per stantie posizioni ideologiche contro la necessità di affrontare con pragmatismo il tema della salvaguardia e messa in sicurezza del territorio rispetto al quale, giova ricordarlo, la funzione primaria di un corso d’acqua è quello di drenare le acque del proprio bacino idrografico.
Perché possa assolvere al meglio e nel tempo a tale funzione, si devono verificare due importanti condizioni: che la sezione di deflusso (ampiezza e profondità dell’alveo) riesca a contenere le portate più frequenti [devono gioco forza essere fatte salve le portate eccezionali connesse ad eventi catastrofici per le quali andrebbe implementato il sistema di previsione (laddove possibile) allerta della popolazione e gestione delle emergenze]; che il profilo idraulico possa fungere da «livello di base» al reticolo idrografico in ogni punto di confluenza di canali e fossi di scolo.
È importante quindi che l’alveo attivo vada ripulito: dal materiale litoide che vi sopraggiunge con le ricorrenti piene riducendo la sezione di deflusso; da quell’aliquota della vegetazione che ostacola il deflusso delle acque e che non costituisce l’aliquota sempre necessaria all’habitat fluviale e ripariale; da tutto ciò che vi si accumula e tende ad ostruirlo, ad innalzarlo e deviarne il corso.
Il grosso problema che assilla fiumi e torrenti è rappresentato proprio dagli accumuli di materiale in alveo. Si tratta di quella parte grossolana di trasporto «solido di fondo» (ghiaia di varia pezzatura), che avanza lentamente durante la piena, ma che col ridursi della velocità, tende – in funzione della granulometria – a fermarsi e depositarsi in alveo.
Da distinguere dal trasporto solido «in sospensione» (sabbia e limo) che prosegue fino alla foce alla stessa velocità della corrente. Data l’abbondanza e la sua alta qualità (l’inerte fluviale trova larghissimo impiego nell’edilizia nella produzione di cls, sottofondi, vespai etc…), il materiale inerte fluviale costituisce una grande risorsa mineraria di proprietà pubblica.
Sarebbe quindi di (doppio) interesse pubblico: riposizionarlo/dislocarlo all’interno dell’alveo (ad esempio in zone degli stessi soggette a forte erosione) ovvero immetterlo sul mercato, mediante l’attività estrattiva. Attività che potrebbe rientrare a pieno titolo nei Programmi di manutenzione. Potrebbe assolvere alla bonifica, sistemazione e pulizia degli alvei nonché contribuire in tal modo alla salvaguardia del territorio.
Occorrerebbe quindi determinare, per ogni tronco fluviale, la sezione di deflusso adeguata (compito questo dell’autorità idraulica: Regioni, Province, Autorità di Bacino) al cui mantenimento dovrebbe attestarsi ogni intervento estrattivo e di bonifica – da farsi in modo preventivo – e non dopo decenni di accumulo e di totale ostruzione degli alvei.
Una siffatta impostazione strategica consentirebbe la manutenzione preventiva ed a costi ridotti dei corsi d’acqua attraverso il «prelievo compensativo programmato». Ma al posto di tutto questo ha prevalso l’incuria e l’abbandono.
L’estrazione di inerti fluviali è prevista dall’art. 97 del R.D. 523/1904 previa autorizzazione idraulica. La legge regionale che in Campania vieta l’estrazione di inerti dagli alvei e dalle zone golenali dei fiumi è la L.R. 54/1985 «Coltivazione di cave e torbiere» che dispone quanto segue: «[…] L’escavazione di materiali litoidi degli alvei e delle zone golenali dei corsi d’acqua e delle spiagge sarà regolata con apposita normativa da emanarsi entro il 31 dicembre 1987, (normativa mai emanata) e, nelle more, è vietata qualsiasi nuova concessione […].
Per cui dal 1985 in Campania non si autorizza più alcuna estrazione né si è regolamentata la materia. Ad oggi, l’autorizzazione idraulica per l’estrazione di inerti è di competenza della Regione ai sensi delle competenza gestorie in tema di demanio idrico transitate all’ente regionale con il D.lgs 112/98.
In Campania la L.R. 54/1985 vieta il rilascio di concessioni, ergo in Campania da quella data non se ne rilasciano più, e ciò ancorché l’Autorità di Bacino (nata nel frattempo con la legge 18 maggio 1989, n, 183) abbia dato indicazioni su tali operazioni nei suoi piani stralcio (PSAI: Piano Stralcio Difesa Alluvioni).
La possibilità della compensazione va regolamentata con intelligenza poiché ė una preziosa risorsa a disposizione della collettività. Sarebbe deleterio ignorarne le potenzialità o menzionarne unicamente la sua natura di extrema ratio, come previsto dalle attuali linee guida regionali sull’estrazione degli inerti. Certo può non essere sempre attuabile, ma un approccio scientifico, supportato da un consequenziale e calibrato atto normativo, consentirebbe l’analitico discernimento dei casi.
L’ambito nel quale si sta riflettendo – si legge nella nota del Pd Alto Sannio – acquisisce ancora più importanza in casi di «urgenza/somma urgenza» a seguito di eventi alluvionali in quanto la possibilità della compensazione degli inerti fluviali consentirebbe di ridurre i tempi di intervento connessi all’attesa di eventuali finanziamenti (appare superfluo rappresentare i vantaggi anche indiretti che ne conseguirebbero). Del resto in Italia vi è già un precedente: si tratta dell’atto normativo emesso ad hoc per fronteggiare le situazioni di emergenza connesse alle alluvioni del giugno ed ottobre 1996 che interessarono le regioni del nord. Si tratta del D.L. n.576 del 12 novembre 1996, coordinato con la legge di conversione n.677 n. 31 dicembre 1996, il quale prevedeva che «[…] nell’esecuzione delle opere di sistemazione i relativi progetti, che possono riguardare anche più tratti fluviali, possono prevedere la compensazione, nel rapporto con gli appaltatori, dell’onere della sistemazione dei tronchi fluviali con il valore del materiale estratto riutilizzabile, da valutarsi, ai fini della compensazione dell’onere per la esecuzione dei lavori, sulla base dei canoni demaniali vigenti […]». In prima battuta tale possibilità era data sino al 30 giugno 1998, poi estesa fino al 31 dicembre 2005. È facile immaginare i benefici che, nelle more di una regolamentazione seria della materia con la modifica della L. 54/1985, potrebbero derivare dall’adottare un provvedimento similare.
Il fatto dirimente, a nostro avviso, – proseguono – che semplifica nell’immediato la questione, consentendo di agire senza indugio, è che quando l’estrazione di materiale litoide dagli alvei dei corsi d’acqua discende dal pubblico interesse non dovrebbe essere soggetta alla concessione di cui alla L. R. 54/1985, perché essa regola lo sfruttamento programmato delle risorse e non l’occasionale verificarsi di disponibilità di materiale nell’ambito di altro tipo di intervento sul territorio, peraltro teso alla salvaguardia della pubblica incolumità.
Inoltre, l’attuazione di interventi di manutenzione idraulica che prevedano l’estrazione di materiale litoide dai corsi d’acqua possono soddisfare sia l’interesse pubblico del ripristino della funzionalità degli alvei fluviali e della sicurezza idraulica, sia l’interesse dei soggetti interessati all’acquisizione del materiale litoide che hanno un ottimo mercato.
Pertanto, nelle more della regolamentazione della materia , crediamo che l’estrazione di materiale litoide dagli alvei dei corsi d’acqua, qualora necessaria al ripristino dell’alveo a seguito di eventi eccezionali (eseguita sempre sotto il controllo dell’autorità idraulica), possa essere autorizzata già oggi in regime di concessione – straordinaria e quindi non rientrante nell’ambito della L. 54/85 – alla ditta aggiudicataria dei lavori di manutenzione dietro corresponsione di un canone (stabilito dalla Regione).
Finalmente, in coerenza con quanto appena detto, – concludono Ruggiero e Cacciano – si potrebbe pensare ad una compensazione dei predetti canoni con gli oneri da corrispondere alla medesima ditta per l’attività stessa di manutenzione”.