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Campus Benevento: dall’alluvione alla rinascita, tra legalità, trasparenza e condivisione dei beni comuni

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“L’emergenza del dopo-alluvione ha raccolto le migliori energie della città a sostegno delle popolazioni colpite. Singoli cittadini, associazioni e movimenti, hanno lavorato a un pezzo del programma di aiuti. Una gara di solidarietà encomiabile.
La parte più difficile del coinvolgimento della città intera alle sorti degli alluvionati e delle strutture coinvolte inizia adesso. Ci si misurerà con la capacità di ricostruzione, con la disponibilità a programmare con oculatezza e discernimento, con trasparenza e legalità, con partecipazione estesa e competente.
La tragedia vissuta potrebbe rappresentare l’occasione per il riscatto e la crescita di un territorio già depresso prima dell’ alluvione a patto che si pratichi la massima vigilanza sulle strategie, l’utilizzo dei fondi, il rispetto delle priorità d’intervento.
Proponiamo che, innanzitutto, sia reso un riconoscimento a quanti hanno risposto con generosità all’emergenza, a quegli “angeli del fango” che rappresentano la migliore espressione civile e morale della città. Chiediamo che siano questi volontari locali, soprattutto giovani, che hanno spalato fango, prestato soccorso e si sono dedicati agli altri, possano essere premiati con opportunità lavorative retribuite attraverso l’indotto che si verrà a creare. Creare occupazione facendo lavorare imprese locali con le risorse umane del nostro territorio ( giovani, adulti che hanno perso il lavoro, immigrati….) affinché loro stessi possano essere protagonisti di una nuova storia della città, possano creare famiglie e comunità fiorenti nell’ambito di una ripresa di Benevento affinché possa non solo rialzarsi ma cominciare a camminare e magari a correre.
La rete “Campus Benevento”, che prosegue la sua attività di studio, di proposta e di azione per disegnare un nuovo modello di partecipazione e di condivisione in funzione di un reale cambiamento, ritiene che, superata l’immediata fase emergenziale, in cui l’emozione e la solidarietà hanno compiuto il miracolo dell’aggregazione sociale tra le generazioni, ora si debba agire sulle reali leve della rinascita. Oltre a quella economica occorre un sostegno reale a favore delle forze vive e pulsanti della società locale, quelle associazioni impegnate sul fronte della cultura e del sociale, molte delle quali colpite direttamente, nelle loro strutture, dagli eventi calamitosi. Abbiamo assistito alla “meraviglia” che ha accompagnato la rimozione dell’ombrello che copriva l’Arco di Traiano. Un gesto che, in poche ore, è riuscito a risvegliare l’orgoglio e il senso di appartenenza di tanti cittadini. Identificazione che in tanti anni nessuna istituzione, né tanto meno azione politica di singoli o gruppi, erano riuscite a fare. Riteniamo che questo sia emblematico del bisogno di valori condivisi ai quali fare riferimento.
Le espressioni della cultura e dell’impegno sociale di questa città devono avere, in questa fase di rinascita, un ruolo centrale riconosciuto dalle istituzioni, a partire dall’affidamento, per una gestione produttiva, dei beni comuni
Per questo proponiamo: la convocazione degli Stati Generali dei Beni Comuni presso un altro dei luoghi simbolici, e a rischio vendita, la Villa dei Papi. Qui venga istituito il quartier generale per incontri istituzioni-amministratori con forze di volontariato e della cittadinanza attiva; il “Tavolo” dovrà individuare rapidamente i beni comunali (a cominciare dal grande complesso delle Orsoline in via Rummo) da destinare ad associazioni che operano nell’ambito culturale e non solo e che hanno perso la loro sede con l’alluvione; il Consiglio comunale approvi il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani”, predisposto in attuazione dell’art. 118 comma 4 della Costituzione, tenendo conto delle esperienze già da tempo e largamente avviate in tutta Italia grazie alla spinta di “Labus”, laboratorio che promuove da oltre dieci anni l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale; attivazione di successivi “Patti” per la cura e la valorizzazione di beni comuni urbani, attraverso interventi co-progettati e concordati nei settori culturale, sportivo, artistico, ricreativo, formativo, educativo e di cura del verde; censimento dei beni comuni, in cui inserire strutture comunali, o di proprietà pubblica (compresi i beni di proprietà della Diocesi, della Provincia, del Demanio e dell’Università). Si rifletta subito, con senso di responsabilità e visione strategica, sulla destinazione da dare a strutture come la Spina Verde del Rione Libertà, allo stesso Palazzo Paolo V, a spazi recuperati ma non utilizzati nell’ambito dell’area del Teatro Romano, all’ex caserma Guidoni, alle chiese sconsacrate, alle decine di altri immobili di dimensioni più ridotte dislocati in vari punti della città; attenzione particolare e svolta concreta nella assurda vicenda della cosiddetta galleria Malies che versa in uno scandaloso stato di abbandono e ormai divenuta simbolo del degrado più generale della città. È più che evidente che quest’area cittadina non riesce a decollare perché non si rispetta l’eredità simbolica, oltre che storico-culturale, del luogo con il risultato di un evidente rigetto. Si spiegano anche così i vari tentativi di rilancio falliti per piazza Commestibili. Dunque, anche come ricaduta immediata dell’effetto Expo 2015, si rifletta sulla opportunità di creare, prima ancora, se possibile, che venga risolto l’assurdo contenzioso tra Comune e società proprietaria della struttura, un mercato-vetrina delle tipicità e delle piccole realtà produttive ed artigianali sannite, con priorità a quelle colpite dall’alluvione. Una realtà che richiami il modello di Eataly, che ha avuto anche un grande successo di pubblico e permetterebbe di ipotizzare una iniziativa commercialmente sostenibile nel lungo periodo.
Un ultimo appello che “Campus” ritiene di rivolgere a istituzioni, associazioni, movimenti e singoli cittadini per i prossimi mesi: lavorare tutti insieme senza protagonismi, come una crew di street dance: c’è chi si esibisce con grandi acrobazie e chi resta nella chorus line, ma alla fine, al momento degli applausi, nessuno si fa avanti, tutti si inchinano sulla stessa linea”.