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CULTURA

Si apre il sipario su Riverberi 2015: Kornstad e “La Banda del Bukò” accendono l’Arco del Sacramento

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Inizio fortunato per Riverberi che nella splendida location dell’Arco del Sacramento di Benevento ha ospitato il sax di Håkon Kornstad e i sanniti de “La Banda del Bukò”.

Sul palco dell’arena romana, il musicista norvegese con la sua loop machine ha ricreato un’atmosfera dolce e melanconica, mixando musica elettronica e le note del suo sassofono in un dialogo ideale tra l’artista e il suo strumento.

Non poteva mancare il flutonette: un ibrido strumentale creato dal norvegese che ha avuto l’intuizione di applicare l’imboccatura del clarinetto al suo flauto. Un tipico esempio dell’amore per la sperimentazione di Kornstad che non disdegna la combinazione di generi opposti fra loro, come l’opera e il jazz.

Con l’aria tratta da il “Paride e Elena” di Gluck “O del mio dolce ardor” il pubblico è completamente in estasi, ma gli applausi faticano a contenersi durante l’omaggio alla musica italiana con “Ideale” e la rivisitazione di “Marechiaro”, entrambe di Tosti.

Il brano napoletano conclude l’esibizione di Kornstad. Un richiamo alla musica popolare che passa idealmente il testimone ai sanniti de “La Banda del Bukò”. Tra recupero della tradizione e contaminazioni balcaniche, la band fa ballare tutta la platea, coinvolgendola con ritmi caldi e tipici del repertorio musicale folk.

La novità di quest’anno è stata la fondazione dell’etichetta musicale “Riverberi” che ha prodotto, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana, il primo disco del gruppo. Il lavoro discografico, intitolato “Rosmarinus”, è stato presentato attraverso l’inedito “Ornitorippo freshness” e introdotto da un divertente siparietto. Album che ha ricevuto anche il premio “Croce Rossa” consegnato dal presidente della sezione sannita, Stefano Tangredi.

Un inizio convincente quello del festival, diretto da Luca Aquino, che punta all’internazionalità e all’inclusione: erano presenti fra il pubblico, infatti, dei rifugiati politici provenienti dal centro di accoglienza di Solopaca e facenti parte del progetto SPRAR.

Se l’obiettivo, dunque, è promuovere la visione di una musica che sia in grado di unire e coinvolgere, fra sperimentazioni innovative e ritorno alla tradizione, la prima serata del festival di Aquino ha segnato un passo importante verso questa direzione.

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