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“I segreti della buona salute”: se ne è parlato all’Università della Terza Età

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Giovedì 4 dicembre scorso presso la sede dell’AUSER/USELTE di Benevento (palazzo del volontariato) la dottoressa Vilma Tarantino ha relazionato sul tema “I segreti della buona salute” nel tentativo di restituire una prospettiva di forte umanità ai termini del curare, del guarire, del soffrire, sottolineando l’importanza della persona al centro della diagnosi e cura e il ruolo della conoscenza in ambito medico per offrire una nuova sistemazione della relazione di cura e dei suoi protagonisti.
Necessario è aprirsi alla realtà e alle sue componenti (fisiche, organiche, esperienziali, diagnostiche terapeutiche) per una concezione olistica effettiva del malato e della malattia.
La malattia ne viene così demitizzata e, attraverso la consapevolezza anche del malato, affrontata con diverso approccio dagli autentici soggetti della relazione di cura, un paziente-uomo e un medico-uomo, supportati da strutture e organizzazione, da scienza e coscienza, nella reciproca riscoperta dell’io e del tu che fanno la relazione, per essere presenti l’uno all’altro nel tempo della sofferenza. Questo diverso approccio non esclude le cure della cosiddetta medicina tradizionale, che interviene con autentici rimedi farmacologici e/o chirurgici salvavita in moltissime patologie.
Bisogna infatti sottolineare che la malattia non è semplicemente uno stato fisiologico. L’essere umano non è una entità dualista separata, ma una dualità unitaria. Gli elementi costitutivi sono il corpo e l’anima per cui l’uomo non ha un corpo e un’anima, ma è corpo e anima insieme.
Ammalarsi non significa solo soffrire fisicamente e vedere il proprio corpo trasformarsi fino a non riconoscerlo più. Le neuroscienze mettono anche a fuoco il rapporto della sofferenza con la spiritualità: la sofferenza/dolore è una entità psicofisica con valenze universali, nella cui percezione sono in causa fattori individuali, culturali e religiosi diversi ed al cui inquadramento partecipano non solo le branche della medicina e della biologia, ma anche le scienze umane.
Pertanto la condizione di malattia ha sempre un risvolto affettivo, soggettivo, personale, rappresentato dal senso attribuito a tale spiacevole evento diversamente interpretato e vissuto a seconda dell’impostazione culturale e religiosa individuale.
Ne risulta che ogni “squilibrio” interiore causi stress negativo che potrebbe essere alla base della malattia. Ora, se il malato fronteggia la sua sofferenza in campo aperto, affronta con consapevolezza il processo catartico che ne deriva, lasciando che tutto quel dolore possa venire alla luce, permetterà anche che possa essere “ripulito” facendo leva sulla propria coscienza. Ciò potrebbe tradursi in guarigione fisica.
Naturalmente ai più questa sembra una sfida sociologica e interpretativa della medicina che lascia perplessi o al contrario fa proseliti soprattutto in alcune civiltà o in alcuni ambienti culturali, ma è indubbio che il discorso della dottoressa Tarantino sia apparso appassionato, lucido, brillante e denunci uno sguardo venato da una percettibile vena metafisica.