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Provincia di Benevento

Una mostra ed un libro dedicati all’opera di Giuseppe Leone

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Una mostra ed un libro: un viaggio lungo quarant’anni di arte, con la bussola del proprio linguaggio ma anche con quella degli stili, delle tendenze, delle epoche e delle generazioni diverse che si sono succedute. È questo “Oro Petrolio Alchimie”, il volume, edito da Denaro Libri, eponimo del vernissage che alle 17.30 di domenica 18 dicembre aprirà le porte del Museo Arcos di Benevento in via Stefano Borgia per un’esplorazione ricca e suggestiva nei vari mondi cui l’artista sannita Giuseppe Leone è appartenuto: da quello dei giornali dove lavorava al tavolo luminoso, a quello più semplice ma ricco di umori e credenze della nativa Buonalbergo fino alla cattedra di tecniche pittoriche di cui ancora oggi è titolare all’Accademia di Belle Arti di Napoli.

Una mostra con opere che partono dagli anni Settanta fino ai giorni nostri e che tracciano un percorso iconografico dal vivo di grande interesse, riprodotto nel libro annesso (e connesso) che diventa, così, una specie di racconto illustrato di cultura e di vita. Insieme con il protagonista di questo viaggio si confronteranno il critico d’arte Francesco Gallo Mazzeo, l’assessore provinciale alla cultura Carlo Falato, il direttore del quotidiano “Il Denaro” Alfonso Ruffo e il presidente del Premio Penisola Sorrentina Mario Esposito.

E’ stato necessario un lungo lavoro per assemblare il volume – si legge nella nota diffusa alla stampa – e concepire una mostra globale; mettere insieme carte, ritagli di giornali; decifrare grafie, trascrivere articoli, selezionare interventi. “Oro Petrolio Alchimie” è una specie di “tourbook” di un pittore composto da ininterrotti dialoghi, foto, documenti, testimonianze che consentono di conoscere più da vicino Giuseppe Leone e il suo sguardo sul mondo.

Non si tratta solo di un pittore, ma di un artista che ha maturato in sé e con sé forti accenti, passando per la poesia, l’antropologia culturale, la psicanalisi, il mito, in un succedersi continuo di cicli dove il colore e la parola sono diventati di volta in volta materia, specchio, richiamo.

Un documento che è anche una sorta di prontuario culturale; un libro di viaggi, un diario di bordo attraverso cui ricostruire tendenze, modi di esprimersi, linguaggi, idee, un racconto a più voci, in cui probabilmente c’è Peppe, prima di Leone. Non è questa solo la cifra confidenziale, il nome con cui tutti l’hanno conosciuto e lo continuano a chiamare; quanto l’esempio dell’ umiltà con cui egli si pone sempre in ascolto verso l’altro: il suo interlocutore, il suo critico, il suo allievo, il suo lettore. “Dipingi Giuseppe, conservami la Luna”, scriveva infatti Michele Sovente che per anni lavorò con lui in un’opera di scavo interiore e di confronto, negli anni fulgidi e intensi di una città “borderline” come Napoli dove cronaca e memoria affollavano i loro archetipi. In 250 pagine in cui i profili hanno un nome (e sono tantissimi, più di quaranta: da quello di Bruno Corà a quello di Luciano Caramel, da Michele Sovente ad Arnoldo Mosca Mondadori, da Luciano Caruso a Vitaliano Corbi,da Michele Buonuomo ad Arcangelo Izzo,a Massimo Bignardi fino a Fabio Donato autore di scatti, che permettono alle pagine di conoscere un nuovo spazio) si ritrovano allora i sentimenti del tempo e del custodire, del naturale modo di condividere che l’arte di Leone è sempre riuscita a fare sul crocevia culturale della sperimentazione e dell’incontro tra inconscio e magia. Un libro quindi non fatto per sé stessi, ma per gli altri e con gli altri, in cui Giuseppe Leone viene fuori sia direttamente che indirettamente, ma sempre senza nessuno sforzo, in maniera nitida, magnetica, unica come del resto è lui: un Salgari dell’arte visiva che – come capitò al famoso scrittore di narrare dell’India senza esservi mai stato – con le sue opere, i suoi colori, le sue installazioni in qualche modo narra e ricostruisce aneddoti, vissuti, esperienze profonde e complesse. E questo non fa altro che dimostrare – qualora ce ne fosse ancora bisogno – la sua capacità di ascoltare sia le persone che le storie, e il suo sorprendente modo di leggere i fatti e gli avvenimenti intorno a noi. Non a caso il libro è dedicato “a tutte quelle persone che hanno fatto di me ciò che sono”. Un’opera quindi che affascina, incuriosisce. E che-dopo essersi fatta sfogliare o leggere- lascia curiosi. Questa curiosità che Leone è riuscito ad accendere è il segno appunto che il volume è riuscito bene, come la bolla sul braccio è il segno che il vaccino “ha preso”.

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