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CRONACA

La memoria non è un vuoto esercizio: 23 novembre 1980

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Proprio oggi che, ancora una volta, le prime pagine dell’informazione nazionale sono interessate da catastrofi ambientali (maltempo in Calabria e Sicilia) con perdite di vite umane, proprio oggi – 31 anni fa – tra Irpinia e Basilicata, e poi esteso nella Campania tutta, un devastante terremoto recise tante speranze dell’uomo. Non è mai tempo di dimenticare, e sotto – il web è serbatoio senza fondo – riproponiamo una scarna rievocazione dei fatti ed un sentito ricordo apparso qualche anno fa sul blog “Caudium” (http://caudium.myblog.it/archive/2007/11/22/23-novembre-1980-per-non-dimenticare.html).

***

I fatti
“Sono le ore 19:34 di Domenica 23 novembre 1980. Nella zona compresa tra l’Irpinia e la Basilicata Nord-Occidentale, la gente non è ricchissima, molti sono emigrati, molti riescono a fare nel 1980 una vita decente, altri magari sono a messa come dimostreranno i morti del comune di Balvano. 
Ma quel giorno, alle 19:34, tutto cambierà per sempre. Iniziano i 90 secondi più lunghi, che segneranno per sempre la gente di questi posti: una forte scossa senza paragoni con precedenti eventi, magnitudo 7 della scala Richter (pari al 9° della scala Mercalli – vedi immagine a lato) spazzerà tutto via e nulla sarà come prima. La ricostruzione iniziata immediatamente, ancora oggi non è terminata. Tant’è che il terremoto dell’Irpinia è ricordato come il "terremoto infinito". I comuni più colpiti, alla fine, risulteranno quelli di Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania e Teora, tutti in provincia di Avellino. 
Un testimone racconta: "È reso noto che la scossa rase al suolo molti centri abitati dell’Irpinia, tra cui Sant’Angelo Dei Lombardi, Lioni e l’epicentro Conza Della Campania. Un episodio che ha colpito la gente di questo luogo è quello dell’Ospedale di S.Angelo Dei Lombardi: dopo essere crollato completamente uccidendo sotto le macerie migliaia di vittime, alcune persone sono sopravvissute per mezzo della nicchia che si è andata a creare con il crollo, ai piani inferiori dell’Ospedale, nelle Sale Operatorie.
A Napoli, a seguito della scossa, crolla un palazzo in via Stadera a Poggioreale, probabilmente a causa di difetti di costruzione, causando 52 morti.

I miei ricordi
Il 23 novembre del 1980, vivevo a Cervinara (fraz. Salomoni) ed avevo 6 anni ma ricordo benissimo ogni istante di quel lunghissimo giorno.
Era una domenica, fredda ma soleggiata, e quel giorno ero a casa con la febbre e quindi felicissimo perchè il giorno seguente non sarei andato a scuola. La giornata scivolò via in modo tranquillo, come tutte le domeniche italiane: pranzo, partite alla radio. Alle ore 18,00 eravamo tutti davanti alla TV, iniziava 90° Minuto: quel giorno al Partenio c’era Avellino – Ascoli – 4-2 (gol di: aut. Scorsa, Juary e doppietta di Ugolotti  per l’Avellino e Trevisanello II e Scanziani per l’Ascoli). Le cronache parlavano di uno stadio pieno e di una partita bellissima, quello era il campionato del -5 per via del calcio scommesse, 5 punti di penalizzazione che erano già stati annullati.
Terminato 90° Minuto, tutti su RaiDue inizia la sintesi di una gara di Serie A, la memoria non mi tradisce e posso garantire che quella domenica alle ore 19,00 davano Juventus – Inter – 2-1 (gol di: Brady e 69′ Scirea per la Juve e 79′ Ambu per l’Inter). Ero a casa con i miei due fratelli, i miei genitori erano in Chiesa che dal luogo dove abitavamo distava non più di 300 mt.
Alle ore 19,34 un boato interminabile, simile ad un esplosione, cambiò la vita di tutti noi. Come testimonianza allego un file audio di una radio di Avellino "Radio Alfa" che in quel momento stava trasmettendo un programma musicale folk. Il boato restò impresso sul nastro: 

La nostra prima reazione fu quella di guardarci attoniti, senza comprendere bene cosa stesse accadendo. Alzai lo sguardo verso una finestra e notai che la casa difronte oscillava e mentre si avvicinava un attimo dopo si allontanava, a quel punto mio fratello urlò: "il terremoto". Mi prese in braccio ed iniziammo a correre giù per le scale per andare in strada, ma nel percorrere le rampe venivamo sballottati adesso sulla parete destra adesso sulla parete sinistra. Giunti in strada la scossa non era ancora terminata, quegli attimi erano interminabili, ma era possibile udire le urla ed i pianti della gente impaurita. Dopo ben 90 secondi tutto ebbe fine, ma nessuno di noi poteva immaginare che quello era invece l’inizio di lungo ed interminabile calvario. Dopo qualche minuto ritrovammo i nostri genitori che erano scappati dalla chiesa, sotto una pioggia di calcinacci. Ci abbracciamo tutti e 5 senza dire nemmeno una parola.
La notte che seguì fu interminabile: dormimmo, come tutti, in auto nella piazza antistante la Chiesa dei Salomoni. Stavamo gli uni vicino agli altri, quella catastrofe aveva unito tutti gli abitanti del paese, Tutti si preoccupavano di tutti, la frase  piu’ frequente che tutt’ora affiora alla mia mente era: serve una coperta? Vuoi qualcosa di caldo? Ti accompagno io a casa per stimare i danni. Intanto iniziavano a giungere le prime drammatiche notizie, si iniziava a parlare di morti e di un paese, Sant’Angelo dei Lombardi, interamente distrutto; il tutto contornato da uno sciame sismico (centinaia di scosse di assestamento) che sarebbe durato giorni e giorni. Arrivarono i primi soccorsi della Protezione Civile: containers, roulotte, generi di prima necessità, medicinali, acqua.
Le immagini dei TG mostravano un disastro senza precedenti, di lì a poco il bilancio sarebbe stato drammatico.
o e la mia famiglia rientrammo a casa, fortunatamente i danni non furono così ingenti. La struttura della casa, risalente al 1800, aveva retto egregiamente: all’epoca le case venivano costruite con più criterio.
Pian piano cercammo di tornare alla vita di tutti i giorni, imparammo a convivere con le scosse di assestamento, un pò come fanno i giapponesi, fino al 14 febbraio del 1981. Ci fù un altra scossa molto forte, ma meno breve di quella del novembre precedente, ma alla quale, ne sono convinto, sono sopravvissuto per miracolo. Non ricordo bene l’ora, ma ricordo che era già buio, correvo per casa dietro ad una palla di stoffa creata da mia madre tra un lavoro e l’altro; mi trovavo nel soggiorno, quando iniziò a tremare tutto. Preso dalla paura iniziai a scappare ma proprio in quel momento dal soffito si staccò l’immenso lampadario che era posizionato la centro della tavola del soggiorno. Cadde e si conficcò su un vaso di cristallo, proprio mentre io stavo sopraggiungendo, ma ecco che sentii una mano afferrarmi da dietro e trattenermi. Era la mano di padre, il quale dopo essersi ripreso dallo choc disse: "non so nemmeno io per quale motivo ti ho trattenuto, so solo che ho avvertito la necessità di farlo". Sarebbe bastato un solo passo in più e sarei stato colpito alla testa da quel lampadario, il risultato fu solo qualche graffio (sia per me che per mio padre) causati dalle schegge del vaso in frantumi.
Oggi, le ferite puramente materiali si sono rimarginate, ma quelle degli animi, restano indelebili e ci accompagneranno per sempre. Nei momenti difficili, quelli derivanti dalla vita di tutti i giorni, mi ritorna in mente una frase che qualcuno, precisamente non ricordo chi; ma doveva trattarsi sicuramente di un saggio, utilizzò in quei giorni: "siamo irpini, popolo orgoglioso e fiero, sopravvissuti al terremoto, cos’altro può farci paura?"
A tutti coloro che leggendo questo post si ricorderanno di aver in qualsiasi modo contribuito agli aiuti umanitari dico e rivolgo un sentito GRAZIE!”
 

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