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CULTURA

Fare amicizia con i problemi. Dal vento in giù

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Alla fine della discussione – verrà formattata come intervista ma non è stata tale – con Antonello Caporale a proposito del suo ultimo libro “Controvento” (Mondadori, pp.118, euro 17), resta la certezza di non aver ragionato solo sull’argomento del volume, ovvero sul tema dell’eolico in Italia e al sud. Quello che è emerso più frequentemente è il rapporto tra l’italiano e la cosa pubblica. Anzi, meglio: tra il cittadino e la natura.

“L’amicizia con le cose”, direbbe e dice Caporale. Perchè per lui questo scontro con le cose nasce dalla sofisticazione: “Complicare una questione aiuta a non capire: crea ansia e senso di rinuncia, allontana dal problema. E si finisce per litigarci”. Qualche esempio? “L’energia rinnovabile è come la pace: tutti siamo d’accordo e nessuno in grado di esigerla”. Eppure sarebbe così bello fare amicizia con la pace. Così come con la natura, con il vento.

Chi si mette in mezzo è l’urgenza, tutta mediatica, dell’estremismo. L’eterna lotta tra i contro e i pro che poi lotta non è, ma una necessità indotta. Dimenticando la semplicità della trasparenza. Pochi sono in grado di conciliare energia pulita e rispetto dell’ambiente, iniziativa privata e controllo pubblico, talento e fatica quotidiana. Specie al sud “dove ci si accontenta dell’elemosina di un privato che può servire ai botti della festa di Sant’Anna”.

E nel Sannio in cui, riferisce l’autore, c’è il paradosso di un paese che è l’unico ad essersi opposto agli spiccioli di un industriale perchè voleva dotarsi di un proprio eolico. “Manco a dirlo, è l’unico rimasto senza pale. Intralciato dalle leggi che per il privato hanno chiuso più di un occhio”.

Il libro è promosso su una serie di siti che si oppongono all’eolico. Però viene precisato che non è un’operazione “anti”.

Infatti. Come potrei non desiderare di trarre energia e lavoro dalla natura? Solo, mi chiedo perchè dal vento, così come da luce e acqua, pochi debbano farci profitto e non tutti. Lo trovo illogico, dato che il vento è di tutti.

Qui nasce “Controvento”.

Si, più giravo e vedevo le pale girare, e mi più mi domandavo per chi giravano, queste pale. E ho scoperto che i soldi che uscivano dal bene comune finivano, immancabilmente, nelle tasche dei privati.

Il dibattito sull’energia pulita è slittato dalla celebrazione alla critica.

L’ho notato, perciò mi sono messo in viaggio. Volevo capire cosa succedeva, e poi cercare di tenere alta l’attenzione sull’argomento. Bisogna parlarne, senza partito preso.

Delle energie rinnovabili è così difficile ipotizzare un utilizzo collettivo e sorvegliato, in senso ambientale e, perchè no, estetico?

No, è semplicissimo. Basterebbe, cartografie alla mano, individuare una zona ideale per sistemarci gli impianti. Poche pale “comuni”. E poi appaltare in modo chiaro per trovare l’azienda che lavori nel modo più ecologico e redditizio per le casse pubbliche. Attualmente la quota che spetta ai comuni è del 2%. Spiccioli.

Pochi, maledetti e subito.

Il problema è il cash: offusca la vista e ti fa dimenticare le potenzialità del progetto futuro. Soprattutto in un momento di casse vuote.

Un problema meridionale, come suggerisce il sottotitolo “il tesoro che il sud non sa di avere”?

Come al solito è prima un problema italiano, ovvero quello dell’amministrazione dei beni collettivi. Che al sud si acuisce perchè ci si accontenta. Bastano due lire per la sagra di paese e siamo tutti felici. Senza ambire a guadagni, che gioverebbero alla comunità, molto più alti.

Eppure.

Eppure, ripeto, basta la banale pretesa di capire un po’ in più, senza farsi deprimere dal primo problema. Come con l’acqua: appaltarla ai privati garantisce la pulizia ed economicità, il servizio pubblico la gestirebbe male. La sporcherebbe. Ecco, è sufficiente chiedersi: e perchè la sporcherebbe? Non fermandosi al primo assunto, quel conformismo verso il basso di “e vabbè, tanto nel pubblico nessuno lavora”.

Un tic all’italiana.

Ce ne sono un mucchio: “E vabbè, in politica sono tutti i corrotti”. Ed in politica vanno corrotti e mediocri. “E vabbè, ora mi accontento del posto fisso”. E il sud si riempie di “spicciafacenne”. Che spesso si credono talentuosi. Il talento si basa poco sulla dote naturale e tantissimo sull’impegno quotidiano.

Profezie che si autoavverano.

E’ una questione mentale. Appaltare ad altri la propria fortuna, dal vento al talento, è un modo come tanti di non volersi bene. Come si può non amare la propria terra, specie quando è così bella come i territori che ho visitato per scrivere “Controvento”?

Il Sannio, ad esempio.

Del Sannio ho un ricordo felice. Tornando verso Roma, a fine estate, c’era la tappa fissa di tre giorni alla festa dell’Udeur. Artigianato, gastronomia, paesaggi, paesi fantastici.

Un caso campione, al sud, dove si confondono possibilità di eccellenza ed occasioni sprecate.

In quella provincia un paesino del Fortore si ribella alla proposta rapace dell’azienda eolica. Sai perchè? Perchè fa una cosa semplice: ordina uno studio di fattibilità indipendente. E scopre che costruendolo da sé, l’impianto eolico era meno costoso e più redditizio. Morale della favola, è rimasto l’unico paese di quella zona senza pale.

Il libro è una raccolta di storie.

Di antropologie. Spiazzate dall’arrivo di una ricchezza nuova e ingestibile, messa all’asta da amministratori che così potevano togliersi il peso di pensare ed organizzarsi. Appunto, un tesoro sotto gli occhi di chiunque. Ma nelle tasche di pochi.

Giovanni Chianelli

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