POLITICA
Benevento, Consiglio Provinciale (di guerra): ‘Aridatece er Sannio’

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Cosa mai verrà fuori dal dibattito previsto dal Consiglio Provinciale di Benevento contro il vituperato decreto legge 138 del 14 agosto 2011? Cos’altro rispetto alle prese di posizione – culturali, politiche, di campanile – di questi giorni, servite a riempire il vuoto (di notizie) agostano? Cosa, il parlamentino della Rocca, partorirà per lenire il danno della paventata soppressione dell’Ente in senso diretto e geografico, impiccato al pennone del risparmio sui costi della politica? Quale la misura anticrisi che si leverà – il consiglio è ‘aperto’ – da un pubblico che, è stimabile, sarà numeroso, viste le note stampa, la partecipazione ai gruppi Facebook, il dibattito nelle strade cittadine? Quali le soluzioni possibili, dopo gli approfonditi studi sulle popolazioni dell’enclave irpina nel Sannio (San Martino, Cervinara, Rotondi… sembra la linea ferrata della Valle Caudina d’un tempo), dopo il censimento di Isernia e Campobasso, le affinità elettive dei sanniti sparsi nel mondo, la riscoperta dei Due Principati?
Non è dato sapere, perché – giustamente – bisogna ascoltare. Ascoltare quest’anteprima di altri consessi, una volta finite evidentemente le ferie di tutti: rendez-vous in grande stile (tutti dentro) il 29 agosto, come abbiamo letto nelle consuete comunicazioni. Un interesse stringente, non c’è che dire: saranno trascorse, alla data, solo due settimane dalla firma del decreto, una in più di quelle che il Padreterno ha impiegato per creare quanto ci circonda. Ma non era agosto.
Il Consiglio Provinciale (di ‘guerra’) del 19 agosto servirà a spianare la strada, dunque. A mettere sul piatto della bilancia l’identità sannita, il patrimonio immateriale – come si è ripetutamente detto – colpito a morte dal decreto. Repetita iuvant: il coacervo di storia, cultura, tradizioni non si cancella con un tratto di norma. Una norma che sta sollevando putiferi in tutt’Italia. Che ha già visto allargarsi alcune maglie. Che ha visto dunque ridurre la portata numerica dell’effetto. Che, soprattutto, deve passare il vaglio del dibattito parlamentare. Che è nebulosa nel suo assunto e più ancora nella sua traduzione pratica. Che sposta l’asticella temporale del provvedimento, sostanzialmente, di due anni (nel Sannio si voterà nel 2013). E fino a quella data ci saranno faldoni di giurisprudenza sul tema delle aule dei tribunali amministrativi.
L’aspetto politico ‘monstre’ del decreto 138, allora, serve adesso solo a creare un gran polverone chiamando le masse alla difesa del campanile. Perché del patrimonio materiale non ha ancora discettato alcuno dei nostri attori istituzionali: Tfr, per esempio. Età pensionabile. Ceto medio. Pubblici dipendenti. Pressione fiscale. Tagli agli enti locali (reali). Garanzie lavorative (art. 18 et similia). Le feste non concordatarie (incredibile!). E nel patrimonio immateriale scheggiato dal decreto c’è anche un deciso e subliminale attacco alla memoria storica non di una comunità, ma del Paese (25 aprile, 1 maggio, 2 giugno). C’è il mantenimento dei privilegi ecclesiastici. C’è un impegno circoscritto nella lotta all’evasione fiscale, e quindi una concessione alla possibilità di nuovi condoni per fare cassa e premiare i furbetti. C’è un contributo di solidarietà (per chi vivacchia con oltre 90000 euro all’anno) che può essere dedotto dalle tasse e sul quale stanno venendo mal di pancia a tutti perché sia chiaro il ceto di riferimento del Governo.
Meglio fermarsi. Il Sannio, la Regione Sannio, il Molisannio, l’Irpiniasannio, il Princisannio: e che, vogliamo fare i disfattisti e non parlarne?