POLITICA
Manifesti ed onorabilità: è la campagna elettorale, bellezza…

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Troppo brucianti le delusioni incrociate perché questa campagna elettorale vada avanti nel solco, almeno, della sopportazione reciproca, senza sbavature. Nemmeno ci si può negare, però, che i toni anche isterici delle campagne elettorali siano patrimonio comune a tante (tutte?) le circostanze in cui la posta in palio è alta. Così francamente non sorprende la polemica pasquale che pone di fronte il Patto per il Territorio con candidato sindaco Carmine Nardone, da un lato, e – nella circostanza – il Pd e la civica di riferimento, Unione per Benevento, dall’altro.
Chiariamo subito. Oggi è apparso negli spazi, e fuori dagli spazi, elettorali un manifesto in perfetto stile western, che sottoponeva i volti di sei consiglieri comunali, quelli della transumanza dalla maggioranza all’opposizione che hanno numericamente determinato lo scioglimento del consiglio comunale della città (De Nigris, De Marco, Feleppa, Ficociello, Picucci, Quarantiello), alla gogna dell’epiteto di ‘traditori’: una caduta di stile e un atto di scarsa sobrietà, del cui peso anche in termini di consenso risponderà l’ideatore, che non si è posto quantomeno il problema di provare a rompere il recinto per far viaggiare dal cortile del pollaio ai binari della democratica convivenza (sui contenuti) l’agone elettorale. Ma è tutto qui.
Appaiono allora fuori registro anche le reazioni improntate all’onorabilità personale lesa, così come gli (eventuali) ricorsi all’autorità giudiziaria, come lascia trapelare in quest’ultimo caso un articolo di Gazzetta di Benevento. Non è il primo né l’ultimo esempio di forzature elettoralistiche: affiora subito il ricordo della virulenta campagna di affissione contro il senatore Viespoli quando decise di accendersi d’entusiasmo per Futuro e Libertà, oppure il manifesto su “Pepe che dà i numeri”, o certe vignette che si scovano sui social network in pagine accessibili a tutti, oppure, qualche anno fa, la martellante e diuturna pubblicità contro Renato Lisi, colpevole agli occhi dei suoi amici – poi avversari – di aver modificato la rotta politica.
Il fiume della politica ha continuato e continua a scorrere, tranquillo: incresparne le acque non giova a nessuno. Men che meno agli elettori.