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I limiti del Registro Pubblico delle Opposizioni

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Da oggi sarà operativo il Registro Pubblico delle Opposizioni, la cui disponibilità sancisce il passaggio dal regime di opt-in a quello di opt-out: milioni di consumatori, il cui numero compare negli elenchi telefonici, potranno essere liberamente molestati per finalità commerciali e non avranno più validità le preferenze espresse in passato (bustina e cornetta pubblicate in elenco vicino a ciascun nominativo). Sarà il consumatore a doversi “attivare” richiedendo la propria iscrizione nel Registro. Il meccanismo dell’opt-in salvaguardava maggiormente il titolare dei dati, visto che garantiva la piena consapevolezza dell’utente nella prestazione del consenso e, soprattutto, vietando il trattamento dei dati senza preventivo consenso dell’interessato, si fondava sulla presunzione – smentibile dall’interessato – che l’utente non acconsentisse al trattamento dei propri dati.
 

Per contro, in un sistema opt-out, che subordina l’utilizzazione dei dati degli utenti al «mancato rifiuto» degli stessi, non è agevole assicurare una protezione della riservatezza di pari efficacia. In questo sistema occorre, infatti: (a) raccogliere di volta in volta l’eventuale rifiuto dell’utente; (b) stabilire l’ambito di applicazione del rifiuto medesimo (segnatamente, in un’ottica di pubblicità commerciale, quale settore merceologico esso coinvolga o quali dati); (c) infine, stabilire l’efficacia temporale del rifiuto (dovrà o meno tale rifiuto essere ripetuto nel tempo, con quali intervalli ecc.). In ogni caso, il meccanismo dell’opt-out, seppur legittimo, non fa venire meno l’esigenza di fornire al consumatore un’informativa completa ed esauriente. Un’ulteriore grave criticità è quindi costituita dalla mancata realizzazione di un’adeguata campagna informativa a favore del consumatore, al fine di consentirgli la piena consapevolezza dei propri diritti e delle modalità di esercizio dell’opposizione.
 

Anche la Commissione Europea, ha più volte sottolineato che, in occasione di un cambio di regime così radicale (dall’opt in all’opt out), è fondamentale assicurare la massima trasparenza e conoscibilità delle nuove regole. A tale riguardo è opportuno ricordare che, nell’ambito dei principali stati membri dell’Unione Europea, soltanto la Gran Bretagna e la Spagna hanno prescelto il sistema dell’opt-out, costruendolo sul meccanismo dei registri delle opposizioni. In entrambi i paesi, diversamente dall’Italia, il legislatore nazionale ha scelto, già nel 2003, l’introduzione del meccanismo dell’opt-out. Inoltre, per quanto riguarda la Spagna, il sistema dell’opt-out è accompagnato anche da una lista “positiva”, in cui sono registrate le persone che desiderano ricevere comunicazioni commerciali aggiuntive.
 

In relazione al sistema vigente nel Regno Unito, è opportuno segnalare che il Telephone Preference Service, introdotto dal “The privacy and electronic Communications (EC Directive) Regulations 2003”, registra a metà 2009, quindi dopo 7 anni dalla sua vigenza, l’iscrizione di 14.5 milioni utenti consumers e 1 milione di utenti business, rappresentando rispettivamente il 60% ed il 55% degli interessati (fonte Galexia “Emerging Best Practice in Do not Call Registers – August 2009). Tali dati sono confermati dal TPS Report 2008, che stima per i prossimi 4 anni un incremento delle iscrizioni nel registro fino a 16 – 17 milioni. L’esperienza di questi paesi dimostra che è stato necessario un lungo lasso di tempo per assicurare il pieno funzionamento del sistema dei registri e  questo dopo massicce campagne di sensibilizzazione. Infine, deve essere anche valutata l’opportunità di affidare la gestione del Registro Pubblico delle Opposizioni a un soggetto privato (la Fondazione Ugo Bordoni) senza alcuna gara di evidenza pubblica, invece che al Garante Privacy, che potrà quindi effettuare la propria attività di controllo e di eventuale sanzione soltanto ex post e a valle di segnalazioni provenienti dalle Associazioni dei consumatori o da singoli cittadini.
 

Per queste ragioni Adusbef e Federconsumatori,oltre a chiedere che il registro sia affidato al Garante della Privacy, invece che ad una fondazione privata (FUB) digiuna delle norme a garanzia della tutela della riservatezza dei dati dei cittadini, chiedono una proroga di almeno tre mesi, per evitare che il telemarketing selvaggio, promozioni e consigli per gli acquisti possano molestare milioni di cittadini rei di essere titolari di un’utenza telefonica  e che non hanno dato alcun consenso ad essere importunati, che hanno il sacrosanto diritto di essere lasciati in pace,almeno tra le mura domestiche.

 

 

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