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Scuola

Al ‘Giannone’ di Benevento la lezione di Martone sulla ‘città elettronica’

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Che significa abitare in una “epolis” (città elettronica) globale e priva di confini per individui sradicati, privi di memoria e di altri reali possibili? L’incontro con Antonio Martone, docente dell’Università di Salerno, promosso dall’Auser-Uselte di Benevento, con i ragazzi del Liceo Giannone è servito almeno a porre questa domanda.

Introdotto dalla Presidente dell’Auser, Adriana Pedicini, per anni docente al Liceo, e dal prof. Amerigo Ciervo, Martone, allievo di Roberto Esposito, che si è già occupato di Merleau-Ponty, ha provato a ricostruire una genealogia del presente che permettesse di capire cosa sia l’uomo nel tempo della tecno-scienza, perso ogni “limite”, cancellata ogni divinità al cui cospetto poter “peccare”, preda, dunque, di una hybris (tracotanza) che riconosce solo il fallimento personale.

Particolarmente suggestiva la ricostruzione di come il ’68, tradendo in qualche modo le intenzioni dei promotori, abbia di fatto aperto il tempo “liquido” in cui un individuo-monade cerca in maniera quasi compulsiva di soddisfare i propri desideri: «Dal libertarismo anarchicheggiante del ’68 non è venuta un’emancipazione degli individui e delle masse, ma è emerso piuttosto un individuo – divenuto presto individualista radicale -, insofferente ormai a qualsiasi regola sociale. Emanciparsi dall’etica disciplinante e identitaria, cioè, non è servito tanto a costruire un sociale più libero e autonomo, quanto a creare le condizioni per lo smantellamento totale del sociale stesso a beneficio di una polverizzazione individualistica che ha prodotto masse ormai “liquide” e manovrate, se non addirittura del tutto manipolate, dalla tecno-finanza».

Viviamo, ha detto Martone, in un tempo dominato da un’ideologia unica: il neo-liberismo, elaborato tra l’Austria nazista e l’America degli anni Ottanta, in un orizzonte che Mark Fisher avrebbe definito “realismo capitalista”. E se il mondo premoderno può essere simboleggiato dalla cattedrale e il mondo moderno dalla frontiera, la globalizzazione, che ha fatto venire meno qualunque frontiera, apre il tempo del Labirinto, in cui ci troviamo tutti immersi, tra le finte trasgressioni delle droghe e la mercificazione dell’esistenza. La stessa coscienza appare minata dal potere del capitale senza freni. Il controllo della psico-sfera è essenziale alla ecity e costituisce l’alfa e l’omega del post-umanismo tecnocratico. Dunque, ci troviamo in un labirinto (che è anche un panopticon vigilato da anonimi signori) apparentemente senza uscita. Possiamo almeno coltivare la speranza (che potrebbe essere meramente illusoria soprattutto pensando che oggi molti giovani hanno preferito disertare la scuola per “il paese dei balocchi” promesso dal Black Friday…) in una comunità educante che svolga una funzione di resistenza rispetto all’edonismo repressivo e alla postmoderna alienazione della epolis globalizzata?

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