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A Cerreto Sannita il Presepio permanente nella Chiesa di San Martino

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L’undici novembre è la data in cui viene ricordato San Martino di Tours, sebbene questa stessa non sia la data delle sua morte, ma quella della sua sepoltura. In occasione di questa ricorrenza, l’11 novembre 2012 è stato benedetto dal vescovo della Diocesi di Cerreto S. – Telese – Sant’Agata de’ Goti, S. Ecc. Mons. Michele De Rosa, un presepio permanente, ossia: Il Presepio Storico Popolare di Cerreto Sannita, presso la Chiesa di San Martino Vescovo.

Questo presepio permanente rappresenta la materializzazione di un sogno, desiderato da tempo, in particolare dal parroco don Edoardo Viscosi, della Parrocchia stessa di San Martino Vescovo e realizzato con l’entusiasmo del sig. Luigi Nunziante e la maestria degli architetti Lucia Calandro e Domenico Pagano, per lasciare e donare a futura memoria, per gli anni che verranno ed in particolare per le future generazioni, una piccola opera d’arte.

La Chiesa di San Martino Vescovo deve le sue origini e la sua importanza a radici che affondano nell’Alto Medio-Evo, così come riportato nel testo intitolato ‘La Chiesa Collegiata di San Martino Vescovo in Cerreto Sannita’ il cui autore è Renato Pescitelli; questo testo fu pubblicato in occasione della riapertura al culto della suddetta Chiesa, ossia il 27 marzo 1993, poichè quest’ultima fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1980.

Quale migliore collocazione poteva essere scelta per un presepio che attraverso e per mezzo di alcuni scorci scenici cittadini e rurali, vuole fondere in un tutt’uno il sacro, il territorio e la comunità con la sua storia, se non proprio nelle Chiesa ricostruita dopo il terremoto del 1688, per iniziativa dei Carafa, più ampia, più sontuosa ed artisticamente più ricca della precedente costruzione, così come ci ricorda lo scrittore Renato Pescitelli.

L’unica Chiesa di cui si ha menzione nella Cerreto medioevale del X secolo è dedicata a San Martino dove, in particolare, nel secolo XVI, delle sei Parrocchie presenti tra le mura di Cerreto, San Martino era Chiesa arcipretale e quindi questo ruolo di preminenza indusse Mons. Giaquinto ad innalzare alla dignità di Collegiata e ad abolire le altre parrocchie (1544), così come sempre riportato nel citato testo del suddetto autore.

San Martino di Tours, vescovo e confessore, è venerato dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da quella copta ed è uno tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa. L’episodio più narrato della sua vita è quello relativo al taglio del proprio mantello militare che condivise con un mendicante seminudo, che incontrò alle porte di Amiens, con i suoi soldati. La notte stessa Martino sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso, udì Gesù dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”.

Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro ed il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi.

Anche questo presepio, essendo permanente, diventa parte integrante della Chiesa stessa di San Martino Vescovo e crea un’atmosfera densa di magia ed emozioni poichè la grandezza dell’evento sacro della nascita di Gesù è calata e fusa nel contesto ambientale popolare storico di Cerreto, attraverso la rappresentazione sia della morfologia del territorio, che della tipologia edilizia e sia della civiltà contadina e pastorale, affiancata dalla lavorazione tradizionale della ceramica e dall’industria dei panni-lana nella antica e nuova Cerreto.

L’esperienza della presa visione, singola e diretta, del suddetto presepio non può che essere unica e si ricordano, in particolare, le rappresentazioni delle seguenti scene: la scena della Natività, che è stata ambientata nell’antica tintoria; la donna seduta con i bambini, che è una rivisitazione storica di un’antica immagine di vita cerretese; la classica bottega di ceramica cerretese, con il mastro faenzaro; la scena di mercato domenicale, anni ’50.

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