POLITICA
La Campania di Rita De Crescenzo esiste. Indignarsi è giusto, ma anche comodo e molto ipocrita
Forse questi personaggi, queste star del web capaci di muovere masse, di ipnotizzare centinaia di migliaia e persino milioni di utenti con un reel o con un post, rivendicando diritto d’asilo persino nell’arena pubblica, nelle istituzioni democratiche, ci stanno inconsapevolmente dicendo che quella Campania è anche la nostra Campania. Ci stanno ricordando che i voti si pesano e non si contano, stanno parlando alla nostra coscienza sporca
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Grande scandalo ha destato lo show elettorale di Rita De Crescenzo e tal Angelo Napolitano negli uffici del Consiglio regionale della Campania di competenza del consigliere regionale Pasquale di Fenza da Marano di Napoli, riferimento di peso di Azione.
Due star dell’universo trash partenopeo, lei la regina di Tiktok, lui commerciante di elettrodomestici, noto al mondo per i supersconti che garantisce all’adorata e adorante clientela della piattaforma cinese. Location, uno degli uffici del Consiglio regionale della Campania. Ospiti del buon Di Fenza, Rita ed Angelo hanno avuto modo di esibirsi, sotto lo sguardo inerme del Presidente della Repubblica, tra un tricolore, un vessillo della Regione e una bandiera dell’Unione Europea, per rinnovare, nel più simbolico dei contesti, l’intendimento di correre alle prossime regionali, ovvero alle prossime elezioni amministrative di Napoli. In sottofondo, ovviamente, l’inno di Mameli. Perché la questione meridionale è questione nazionale. Primo punto del programma, altrettanto ovviamente, ripristinare il reddito di cittadinanza.
Scontato il diluvio di indignati comunicati, da parte di riferimenti politici ed istituzionali regionali di ogni appartenenza. Dal Pd alla Lega. Enorme l’eco mediatica. Il povero di Fenza, travolto e sconfitto, ha provato a scusarsi con la classica pezza peggiore del buco: «La visita Di Rita De Crescenzo nei miei uffici del consiglio regionale della Campania – ha detto – è stata organizzata per ascoltare le sue istanze. Mi scuso, ho commesso una leggerezza politica». Inevitabile è giunta l’espulsione immediata dal partito. Carlo Calenda lo ha definito un buffone, mentre nella nota di Azione Campania si parla di una iniziativa esclusivamente personale, estemporanea, incomprensibile e in alcun modo condivisibile.
Come detto tutti indignati, tranne pochi, pochissimi. Fuori dal coro Fulvio Martusciello, segretario regionale di Forza Italia: «In Consiglio regionale mi pare sia entrato anche di peggio. Nelle scorse settimane è stato addirittura premiato un imprenditore indagato per bancarotta e frode fiscale…».
Non sappiamo chi sia l’imprenditore a cui ha fatto riferimento Martusciello, né c’interessa saperlo. Ma se le ragioni dell’indignazione sono anche le nostre, se anche noi abbiamo reagito con disgusto a quelle immagini, forse Martusciello, che conosce l’arte della provocazione, non ha tutti i torti. Forse indignarsi è scontato, doveroso, ma è anche la via più facile per eludere il vero punto della questione.
Ci dovremmo indignare più per queste sortite o per un sindaco beccato a prendere mazzette o a portare via un computer dal Comune nel tentativo di nascondere prove dei reati commessi? Ci dovremmo indignare più per lo show di Rita De Crescenzo o per le logiche banditesche che orientano l’agire della politica nella gestione della sanità o dei servizi sociali?
Quella Campania, la Campania di Rita De Crescenzo e Angelo Napolitano, esiste, far finta di non vederla ed indignarsi quando si manifesta è comodo, ma anche molto ipocrita. Esiste e tutti noi avremmo il dovere di farci i conti. La politica, certo, ma anche la stampa, che spesso, ovvero sempre, si limita a dare eco all’indignazione che puntuale si manifesta, magari cedendo al gusto di una satira che molto spesso si risolve in sterile elitarismo.
Quella Campania esiste, si alimenta di un disagio diffuso che ha radici profonde, di logiche, linguaggi e costumi che trovano terreno fertile laddove lo Stato non c’è e fallisce ogni giorno, in contesti distinti, diversi e spesso distanti, segnati però dalle medesime dinamiche, da un vuoto educativo che trova genesi in contesti familiari segnati dal disagio e si espande drammaticamente nella latitanza delle agenzie sociali primarie, a partire dalla scuola.
Quella Campania parla il suo linguaggio e forse questi personaggi, queste star del web capaci di muovere masse, di ipnotizzare centinaia di migliaia e persino milioni di utenti con un reel o con un post, rivendicando diritto d’asilo persino nell’arena pubblica, nelle istituzioni democratiche, ci stanno inconsapevolmente dicendo che quella Campania è anche la nostra Campania. Ci stanno ricordando che i voti si pesano e non si contano, stanno parlando alla nostra coscienza sporca, alla coscienza sporca di una politica politicante, per utilizzare il gergo deluchiano, che ha sempre presidiato il disagio, lucrando sull’ignoranza e sul bisogno.
Al povero Di Fenza da Marano di Napoli, ingenuo regista di un indegno quanto necessario show, va per questo, e per quel che possa valere, la nostra umana solidarietà.