CULTURA
Sulle tracce del passato: la storia di Bovino, genaologista sannita che rincongiunge famiglie e aiuta a ricostruire le origini

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Ci sono viaggi che si fanno con una valigia e una mappa. E poi ci sono quelli che iniziano con un nome sussurrato in famiglia, una fotografia sbiadita, una voce che dice: “C’era uno zio, partito per l’America…”. È da lì che inizia ogni storia di turismo delle radici, un fenomeno in forte crescita tra gli italo-discendenti nel mondo, spinti dal desiderio di ritrovare un legame perduto, un’origine che pulsa ancora tra le vie di un borgo italiano, in un cognome inciso su un registro di battesimo, nel volto familiare di uno sconosciuto che ti sorride da un uscio.
E in questo viaggio dell’anima, c’è chi accompagna passo dopo passo. Alessandro Bovino, genealogista sannita, è uno dei volti più autentici e appassionati di questa missione. Dal 2016, con il suo progetto Bella Italia Genealogy, aiuta cittadini stranieri a ritrovare le proprie radici italiane, ricostruendo interi alberi genealogici e – spesso – riportando famiglie a riabbracciarsi dopo decenni di silenzio.
Ma la scintilla nacque molto prima. Era il 2006 quando Alessandro, spinto da un’intima curiosità sulla propria storia familiare, chiese a suo padre se esistessero parenti lontani. “Mi parlò di un certo zi’ Luigi Americ, fratello di mia nonna, di cui non avevo mai sentito parlare. Da lì è partito tutto”. Cominciò a cercare, esplorando i meandri del web, tra siti come TuttoGenealogia.it, Ancestry.com e FamilySearch. Dopo anni di studio, errori, formazione e tanta tenacia, Alessandro scoprì i suoi cugini americani.
Quell’esperienza non solo accese in lui una passione, ma lo convinse che ricucire le storie familiari poteva diventare un mestiere, una missione culturale e umana: “La genealogia non è solo trovare documenti, ma restituire identità. È dare un nome a un silenzio, un volto a un’assenza.”
Con Bella Italia Genealogy, Alessandro oggi lavora con clienti provenienti da ogni parte del mondo: Stati Uniti, Australia, Argentina, Canada. Li aiuta a decifrare lettere, a interpretare vecchi atti parrocchiali, a localizzare case di famiglia ormai dimenticate. Ad ottenere la cittadinanza italiana. Ma soprattutto li porta a toccare con mano i luoghi delle proprie radici. Organizza tour su misura, incontra parenti lontani, accompagna i suoi clienti nei comuni dove tutto ebbe inizio. “Spesso, tra i vicoli di un paese, si incontrano persone che non si sono mai viste, eppure si riconoscono al primo sguardo. E lì, scatta la magia”, mi confida mentre torna da uno dei suoi viaggi di ricerca.
Tante le storie che si incrociano. Come quella di un uomo australiano che, sulle colline beneventane, ha trovato la casa del bisnonno, ancora abitata dai pronipoti italiani. O quella di una famiglia americana che ha riabbracciato – tra lacrime e taralli – i cugini di Sant’Angelo a Cupolo, dopo più di un secolo. Momenti in cui il tempo si sospende e il sangue parla più delle parole.
Il lavoro di Alessandro si muove tra archivi, anagrafe, chiese e uffici consoliari, ma anche tra ostacoli burocratici e limiti legislativi ancora troppo rigidi per un settore in piena espansione. “A volte è frustrante vedere come la privacy venga applicata anche a documenti di oltre 70 anni. Ma non mi arrendo, anche quando trovo impiegati infastiditi dalla mia presenza o dalle mie richieste lecite. In ogni caso, non c’è problema: per ogni muro, c’è sempre un varco”.
Oggi, Bella Italia Genealogy guarda avanti: si lavora all’apertura di una sede negli Stati Uniti e, insieme al Museo del Cognome di Padula, Alessandro sogna la creazione della prima Accademia Italiana di Genealogia. Una scuola, un campus, un centro formativo per chi vuole imparare quest’arte con metodo e rigore: “Abbiamo bisogno di formare professionisti veri, riconosciuti. La genealogia è una scienza, non un passatempo.”
Ma più di ogni progetto, resta la forza emotiva di questo lavoro. L’umanità che trasuda da ogni incontro. Il silenzio che precede un abbraccio. Lo stupore negli occhi di chi scopre da dove viene: “Quando riunisco due rami di una stessa famiglia, sento che ho fatto qualcosa che va oltre il lavoro. Ho costruito un ponte tra passato e futuro. Ed è lì che nasce davvero il turismo delle radici.”
In un’Italia che spesso dimentica il valore della memoria, Alessandro Bovino ci ricorda che le radici non sono catene, ma ali. E che ritrovarle, a volte, è il primo passo per capire chi siamo davvero.