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Speranza e dolore alla caserma ‘Pepicelli’, in fila per il vaccino e per riempire il carrello della spesa

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Il sole riscalda l’aria della mattina ed anche l’animo di chi è in fila. A quasi un anno di distanza la scena è identica: la gente si mette in coda di fronte all’ex scuola allievi carabinieri del viale degli Atlantici di Benevento. E’ l’ennesima distribuzione del paniere solidale della Caritas diocesana in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri del capoluogo.

Oltre un anno di pandemia ha allargato ulteriormente la forbice della povertà: sono in 500 a fare domanda. I panieri disponibili sono poco più di 400, raccolti anche grazie all’aiuto di associazioni del territorio, per gli altri si provvederà con i buoni del market solidale.

A colpire è che la scena è identica a quella di un anno fa. Fa riflettere che dopo tutto questo tempo non siano state trovate soluzioni adeguate: se il covid è il male da combattere a livello sanitario, disoccupazione e calo dei redditi lo sono dal punto di vista sociale. A cambiare, però, è la platea: lo scorso aprile erano autonomi e lavoratori in attesa della cassa integrazione a chiedere aiuto, oggi si sono aggiunte nuove figure professionali.

La Caritas raccoglie le schede di adesione e si rende conto che a pagare il prezzo più alto di questa nuova fase sono i lavoratori dello spettacolo e del tempo libero. Sono tecnici di palco, delle luci e del suono che hanno visto cancellati eventi, tour e manifestazioni. Il lavoro non c’è e i conti iniziano ad andare pericolosamente verso il rosso.

Colpa della pandemia? Certo, ma non solo. La Fedas – la Federazione delle Aziende dello Spettacolo – spiega che il vero problema riguarda i contratti di lavoro e la mancanza di un riconoscimento nazionale per queste categorie. In sostanza, solo chi è impegnato nel cinema e nel teatro è riconosciuto con un contratto collettivo nazionale, mentre per gli altri campi esistono collaborazioni sulla base del contratto da metalmeccanico. Questa differenziazione porta alla completa mancanza di ammortizzatori sociali e, quindi, alla richiesta di aiuto alla Caritas.

“Come per le aziende, così per queste famiglie l’importante è far quadrare il bilancio – spiega il direttore della Caritas, don Nicola De Blasio -. Il tema non è mettere il piatto a tavola, ma fargli la spesa significa liberare risorse che potranno utilizzare per pagare bollette e fitti”. In coda ci sono anche famiglie di giostrai, persone che fanno del divertimento e della socialità l’elemento unico del loro lavoro: ma è tutto fermo, così come i loro incassi.

Ad un anno dalla prima distribuzione, però, c’è anche il problema della provincia. Don Nicola De Blasio ci racconta dei comuni e dei territori più lontani dal capoluogo e dall’assistenza della rete diocesana. Il direttore si tiene in contatto con i parroci per capire le esigenze ed aiutare le famiglie che hanno bisogno, ma che non raggiungono il capoluogo per ritirare i pacchi alimentari.

La mattinata scorre veloce tra l’organizzazione dei carabinieri e i sorrisi dei volontari. A distanza di un anno, però, c’è qualcosa di diverso rispetto alla prima distribuzione. All’inizio tutto sembrava straordinario, un periodo breve di sacrifici che tutti saremmo stati disposti a fare per risolvere il problema. Oggi, invece, il morale è più basso: questa guerra al virus ci ha logorato ed estenuato, appesantendo inesorabilmente le vite in attesa di uscire definitivamente dal tunnel; sognando un ritorno alla normalità.

La soluzione si chiama vaccino e, come spesso accade, le coincidenze della vita sono sempre affascinanti. A guardare bene il viale degli Atlantici, infatti, si nota che le file sono due. L’altra è quella dell’Asl, sempre nella caserma “Pepicelli” dove è stato posizionato l’hub vaccinale per gli over 70. Da presidio militare a punto di rinascita e speranza, la struttura militare è un piccolo affresco di quello che accade oggi: le difficoltà delle persone, la forza di volontà di chi non si arrende e la speranza che il vaccino ci liberi tutti.

Prima di andare via, l’ultimo sguardo alle centinaia di pacchi alimentari lasciati sul pavimento in attesa di essere ritirati. Ci sono moltissime uova di Pasqua e un bambino che aspetta il suo turno con la mamma, che le guarda meravigliato. Corre tra gli incarti brillanti, chiede il permesso ed un volontario che lo accontenta facendogli scegliere il suo preferito: per lui sarà una giornata indimenticabile; lo sarà anche per la madre che si affanna a riempire il carrello della solidarietà. Dramma e speranza, insieme in questa Pasqua beneventana, in unico filo che speriamo di poter spezzare presto.

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