Cittadini
Madonna delle Grazie, qualcuno la chiama Festa….
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Primi giorni di luglio a Benevento. La Festa.
C’è poco da fare, sarà idiosincrasia pura. Scendi per il corso Garibaldi una domenica sera col conforto del respiro per via del venticello in poppa e, appena varchi il confine di piazza Roma (a proposito: è impossibile riferire che cosa sia diventata in queste serate…), ti assale fisicamente la compattezza della Festa: ci si immerge nella solidità di una nube di umori vari che avrebbero dovuto scoraggiare il passo. Masochisti lo si è per definizione, però.
Vada per le giostre: da mettere in conto il salasso e la furbizia degli addetti, con giri sempre più assottigliati; da mettere in conto anche il rumore assordante, perché non può definirsi certo musica quella sparata a decibel inimmaginabili da altoparlanti alti quanto un paio d’uomini messi uno sull’altro, posizionati sul terreno con i woofer sostanzialmente nelle orecchie di chi faceva la fila per i biglietti, o aspettava amici o familiari in fase di discesa dal fatidico ‘giro di giostra’. I timpani, insomma, messi davvero a dura prova.
E poi un continuum di friggitorie: kebab, wurstel, salsicce, bistecche, birre, bibite varie, patatine. Ed olio a fiumi e pulizia quantomeno dubbia e fumo e puzza e inciviltà diffusa.
Poi le bancarelle, in numero ridotto rispetto agli anni scorsi: favorito un qual certo spiraglio d’aria lungo viale San Lorenzo, meno nelle perpendicolari. Ma nella delibera comunale la previsione degli introiti derivanti dagli espositori è rimasta al livello dello scorso anno: non si può che supporre un innalzamento dei prezzi delle concessioni per la durata della festa. Ne verranno sicuramente di più il prossimo anno…
Le misure straordinarie sui parcheggi sono andate benissimo: le automobili erano in ogni dove – oltre speriamo nei parcheggi stessi -, alla mercè di parcheggiatori abusivi che non fanno mai mancare il loro conforto in queste circostanze.
Cerchiamo di non dimenticare. Ah… la varietà delle merce esposta (‘magnatoria’ a parte): ovviamente da far luccicare gli occhi, proprio nel solco degli auspici della delibera comunale legata alla festa, quello degli incentivi all’aspetto commerciale (…numerosissimi espositori: in grado evidentemente di sollevare in maniera decisiva le asfittiche economie di periodo) e sociale. Quest’ultimo confermato, visto – semplicemente – il caos generato dal muoversi impazzito di una fiumana di persone simili a palline da flipper imbrigliate nell’ingranaggio produci (confusione e rifiuti)-consuma (mangia e spendi)-crepa (di calore).
Le comunità che si sono confrontate in questi giorni, quella godereccia e quella religiosa, hanno offerto momenti da ricordare: ovvero, da dimenticare i primi (ludici), da serbare i secondi (spirituali).
Una città tenuta in ostaggio da questo bailamme ha annacquato il momento cattolico della partecipazione popolare dinanzi all’evento vero, la processione della statua della patrona cittadina, che ha riunito attorno a sé il prevedibile sentire comune della comunità. E’ lecito pensare che una comunità informata a valori così elevati non si sia riconosciuta nel profumo d’arrosto, ma non esistono prove contrarie. Per questo motivo nessun interesse ancora poteva destare il disegno di geroglifici colorati nel cielo notturno costato 26000 euro: al primo botto, scoccata la mezzanotte, s’è compreso che l’agognato sonno era vicino. E così, per fortuna, non si è ascoltato il secondo.
E la chiamano festa?