CULTURA
‘Novella Atene o piccolo borgo?’, il libro dello studioso Gisondi sul conservatorismo sannita

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Si intitola ‘Novella Atene o piccolo borgo?’ l’ultimo libro dello studioso Antonio Gisondi, edito da Guida editori, con prefazione di Aurelio Masi.
L’opera ricostruisce la fuoriuscita dall’ancien regime e la modernizzazione difficile di un territorio del Mezzogiorno interno, nonostante la sua gloriosa rivoluzione risorgimentale. Esso indaga, in particolare, la specificità del conservatorismo sannita che ha segnato la vita della provincia di Benevento, affermandosi, poi, nella vita nazionale come modello meridionale-agrario e cattolico-sociale.
Nella sedimentazione storica di questa forma di conservatorismo, unico in Europa, quanto hanno inciso i miti o caratteri originari dell’antica nazione sannitica e di Benevento enclave pontificia? La boria delle origini e il mito della piccola patria quanto ha condizionato la dialettica con la nuova patria-nazione italiana? La gloriosa rivoluzione del 1860 quale forma di modernizzazione ha favorito? Il modello ecclesiastico di quiete politica, quale percezione del divenire storico ha fecondato?
Dall’analisi di una vasta documentazione, archivistica e a stampa, emerge la complessa natura di questa forma sannitica di conservazione. Che, oltre alla secolare ortodossia cattolico-pontificia, dagli inizi del Novecento, con Leonardo Bianchi condiziona fortemente l’evoluzionismo naturalistico e la scissione massonica del 1909, sollecitando Luigi Basile ad abbandonare Marx e ad approdare all’evoluzionismo-socialistico-massonico. Nel 1910 ripropone il governo dell’enclave pontificia a modello civile-amministrativo di autonomia locale.
Nel secondo dopoguerra con Raffele De Caro diventa conservatorismo avverso a ogni mutamento, contrastando, perciò, il fascismo fagocitato poi come postfascismo monarchico nazionale e antidemocratico, che emargina il liberalismo nuovo di Benedetto Croce e quello riformatore settentrionale. Con Bosco Lucarelli, infine, si caratterizza come etico-sociale, antifascista, cattolico-democratico, repubblicano, attento al mutamento, disciplinato, però, dall’etica religiosa di Stato e dal nuovo imperio spirituale di Roma.
L’unico “mutamento” è realizzato con l’espulsione di circa 300.000 sanniti, costretti ad emigrare in 150 anni.
Antonio Gisondi ha insegnato storia della filosofia moderna all’Università di Salerno. Nel suo prevalente programma di ricerche ha indagato le Forme della ragione in età moderna, tra primo Cinquecento, Settecento e Otto-Novecento, oggettivate in monografie e saggi. Ha svolto anche indagini, con risultati pubblicati, su Naturalismo, positivismo e storicismo nella filosofia italiana, e su Metodologie scientifiche e ideologie politiche nel Mezzogiorno postunitario, con specifico interesse per la fattispecie sannitica del conservatorismo.