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Malati oncologici, la lettera dei familiari di un paziente all’ospedale ‘San Pio’ e all’Asl

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Daniela Basile, familiare di un cittadino sannita deceduto recentemente per un tumore, ha inviato una lettera aperta al direttore generale del ‘San Pio’, Mario Nicola Vittorio Ferrante, e all’Asl di Benevento. Al centro della missiva le cure ai pazienti oncologici sanniti e la richiesta di una maggiore attenzione al personale del reparto del nosocomio sannita.
“Questo mio accorato appello è rivolto al dirigente del San Pio di Benevento dottor Ferrante e all’Asl di Benevento. Scoprire di essere malati oncologici getta il paziente e la propria famiglia in un turbinio di emozioni difficili da descrivere, quando poi a questa situazione si aggiunge la parola stadio terminale si viene catapultati in un tunnel in cui nessuno è in grado di gestire la rabbia che assale, la paura che paralizza il pensiero e le azioni ed il dolore immenso della perdita. Mio padre ha scoperto di essere affetto da adenocarcinoma pancreatico a metà luglio e ci ha lasciati il 26 agosto. Si definiva uomo semplice che ai titoli preferiva la lotta contro le ingiustizie e la difesa dei più deboli. Ho ereditato dai miei genitori il mio spirito battagliero ed oggi sono qui per portare a termine una battaglia che mio padre non è riuscito a condurre, l’ho promesso a lui e soprattutto è un atto dovuto verso le famiglie ed i malati oncologici che non hanno la possibilità e la fortuna di potersi far seguire in nosocomi più organizzati e strutturati del San Pio di Benevento. Il reparto oncologico del San Pio ha un personale assai ridotto, medici, infermieri dal cuore immenso costretti purtroppo ad operare in condizioni particolarmente gravose e ridotte all’osso.
Quando si entra nel reparto oncologico del San Pio purtroppo, ad accoglierti c’è un freddo corridoio con 3 sedie, due o tre stanze per la chemioterapia oltre quella del personale infermieristico e medico. Vedi la fila di malati oncologici, spesso in piedi perchè le sedie non sono sufficienti, impauriti, sofferenti, con lo sguardo smarrito in attesa di poter essere sottoposti a visita con medico di turno. Di volta in volta vengono prescritte visite o analisi che bisogna prenotare al cup con ricetta del medico di famiglia e dopo pagamento del ticket.E così il paziente viene sballottato a destra e manca, i familiari devono ricorrere il medico della terapia del dolore oberato di visite ed implorarlo di trovare un spazio per permettere al proprio caro genitore sofferente di avere una terapia che renda dignitosa la sua vita agli sgoccioli; bisogna fare i salti mortali per avere un appuntamento con il nutrizionista oncologico il cui ambulatorio è chiuso per i pazienti normali ma non per quelli oncologici ma questa notizia non è nota al cup ed al centralino che per l’appunto rispondono che l’ambulatorio è chiuso a causa covid. L’ho scoperto per puro caso che il nutrizionista fosse operativo per i malati oncologici, la mia testardaggine, le ricerche mi hanno fortuitamente consentito di reperire il numero di cellulare del dottore Coppola che una volta raggiunto telefonicamente si è messo a completa disposizione.
Un medico umano, sensibile professionale che ha incoraggiato papà esortandolo a lottare e che non dimenticherò mai perchè l’umanità quella vera, quella sentita, quella rara è un qualcosa che si porta nel cuore eternamente. Sapete non esiste uno psicologo oncologico che aiuti la famiglia ed il paziente a gestire ed affrontare la terribile notizia, quella che ti devasta, quella che ti dice che la tua esistenza sta per terminare, che sei in scadenza, non c’è l’azienda ha deciso di tagliare ed eliminare la figura dello psicologo che un tempo esisteva ed oggi per mero risparmio non esiste più nel mentre la burocrazia ti uccide prima ancora venga riconosciuta l’invalidità o che vengano concesse le attrezzature idonee ad un malato terminale. Che senso ha dover essere sottoposti a visita medica per vedersi riconosciuta l’invalidità quando la diagnosi è così infausta, per quale motivo il paziente ed i propri familiari devono trovarsi in balia delle onde, in una sorta di limbo in cui non si sa che pesci prendere, dove andare e cosa fare. Purtroppo mio padre non era nelle condizioni di poter viaggiare ma basta volgere lo sguardo non a Nord attenzione ma alla vicina Avellino, al Moscati per la precisione, per scoprire che lì la vita umana soprattutto la delicata vita del paziente oncologico che merita umanità prima di ogni altra cosa, ha un valore ed estrema importanza.
A pochi chilometri da Benevento, c’è una struttura ospedaliera oncologica, in cui il paziente viene accolto da un team, da una organizzazione che affida a ciascuno un medico oncologico che lo segue in tutto il percorso, in cui il nutrizionista provvede a fornire la dieta idonea alla propria patologia, in cui lo psicologo aiuta la famiglia ed il paziente a metabolizzare ed a reagire, in cui vengono decise le terapie e le visite domiciliari in cui il paziente viene messo nella condizione di affrontare tutto senza dover pensare a cosa fare, dove andare, chi implorare. Caro dottor Ferrante non dimenticherò mai il giorno in cui papà è stato accompagnato a visita per la terapia del dolore, l’ultimo giorno che è uscito. Non riusciva più a camminare sa, la sedia a rotelle siamo riuscita a recuperarla grazie al buon cuore di cari amici, era in attesa in quel freddo corridoio dell’ambulatorio e si è sentito male. Mio figlio e mio fratello hanno dovuto farlo sdraiare sulle sedie in attesa dell’arrivo del medico perchè non esiste in questa citta la visita domiciliare a meno che non la si richieda a pagamento. Non parlo di cose impossibili ma di normalità, normalità che esiste a pochi chilometri da qui ed in tutta la Campania eccetto la nostra città dove ancora non si provvede a creare un team una collaborazione tra ospedale e Asl che possa agevolare l’accesso a determinate prestazioni senza dover attendere che la lunga e lenta burocrazia faccia il suo decorso. Papà non c’è più e lAsl lo ha convocato a visita il 10 ottobre! A cosa serve vedersi riconosciuta l’invalidità quando oramai non serve più! A cosa serve vedersi riconosciuta la sedia a rotelle, o l’infermiere o il letto quando oramai a mio padre non serve più. Papà diceva sempre che la vita e la dignità umana non hanno prezzo e che la sofferenza non può essere trattata come mero business ed investimento.
Caro dottor Ferrante e spettabile Asl, la vita umana non può essere ancora oggi considerata una scartoffia da tenere sul tavolo e da trattare secondo protocolli vecchi e soprattutto lesivi della dignità umana. Non tutti hanno la facoltà di andare ad Avellino o al Cotugno di Napoli o al San Raffaele di Milano, non tutti possono pagare un medico privatamente per vedersi riconosciuta la dignità di morire senza dolore, non tutti sanno che è possibile avere una dieta idonea ,tutti meritano di essere ascoltati ed aiutati ad affrontare questa infausta e terribile malattia da uno psicologo, di essere visitati e curati al proprio domicilio gratuitamente, di avere le attrezzature idonee subito , di vedersi riconosciuta l’invalidità in tempi rapidissimi e soprattutto di garantire alle famiglia tutti i supporti necessari che consentano loro di vivere il proprio caro terminale più intensamente senza dover trascorrere oltre la metà del loro tempo a cercare e capire cosa bisogna fare per garantirgli delle cure idonee e dignitose.
Lo devo a mio padre, ogni promessa è debito papà e in tuo nome farò l’impossibile affinchè anche la nostra città possa avere quel team di esperti che rendano agevole la vita dei malati oncologici che hanno tutte le città eccetto la nostra”.