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La lettera di un sannita: ‘Non sono scappato da Milano. Seguo le regole e vivo con la normalità di sempre’

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“La zona rossa. Ebbene sì, ci siamo finiti tutti. Io per primo, vivendo a Milano e quindi in Lombardia: uno degli epicentri dell’epidemia Coronavirus in Italia. Qui, la quarantena l’abbiamo vissuta prima. Le nostre abitudini sono cambiate sin da subito, più o meno dalla metà di febbraio. Da quando in Italia sono comparsi i primi casi e le istruzioni su come prevenire questo virus che ha stravolto i nostri standard.
Io, sabato sera non sono scappato dalla mia Milano. Da perfetti irresponsabili, poi, ammassarsi in treno, di notte, e con la possibilità di diffondere il virus a chiunque. Certo, scontato dire che le preoccupazioni che hanno avuto chi ha preferito comprare un biglietto e partire subito sono le stesse che ho avuto io, ma in momenti così bisogna ragionare e capire realmente cosa sta succedendo intorno a noi.
“Chiudere” una regione non vuol dire blindarla, non vuol dire bloccare totalmente le vie di entrata ed uscita perché fin da subito hanno detto che per giustificato e valido motivo si può circolare. E lo stesso in città. Non c’è l’esercito o la polizia a bloccarci l’uscita da casa, non ci sono zombie che infestano le strade, nulla di tutto questo.
Il Governo ha chiesto di avere le giuste precauzioni, ma purtroppo, da bravi italiani quali siamo, dobbiamo farci sempre riconoscere. Le misure più ferree sono state adottate a causa della troppa incoscienza che, ahimè, ci circonda. Vedi i casi della coppia di Vo’ Euganeo (epicentro del virus) che è andata a sciare anziché restare in casa, dei giovani che continuano a brindare a suon di spritz e aperitivi la sera nei vicoli oppure del lungomare genovese che nel weekend, complice anche il bel tempo, era sommerso di persone. Tutte ammassate ovviamente, come sconsiglia chi ne sa più di noi.
Le nostre abitudini sono cambiate sin da subito, quindi, sia nel sociale che nel lavoro. Io stesso mi sono limitato ad uscire solo per fare la spesa. Sia chiaro che non ho svuotato scaffali di pasta o di merendine, non serve a niente. Il Governo e la Protezione Civile hanno sempre ribadito e sottolineato che i beni di prima necessità, o supermercati, saranno sempre riforniti. Non c’è bisogno di ammassarsi in coda al Carrefour, perché si troverà sempre qualcosa. Ho limitato le uscite, certo, ma a tavola non è cambiato niente. Magari ho comperato qualcosa in più, complice anche la situazione lavorativa che sta cadendo purtroppo a pezzi. La Lombardia e il Veneto sono state le prime, ma il fenomeno si sta allargando anche verso il sud. Soprattutto ora che Conte ha indetto zona rossa tutta Italia. Il settore turistico è quello più colpito dal Coronavirus: le strutture alberghiere chiudono, si spera momentaneamente, le piccole attività e le cooperative soffrono perché non c’è più lavoro, così come bar o piccoli commercianti costretti ad abbassare la saracinesca.
Ma come si vive a Milano in queste settimane? Si vive con la stessa normalità di sempre, solo con un po’ di psicosi in più, ma basta seguire le regole della protezione civile per prevenire al meglio il virus. Restare a casa? Si, meno si esce e più si hanno possibilità di contrastare il contagio.
In ultimo: la mascherina? La uso in ambienti chiusi e pieni di gente: al supermercato, in tram o autobus, anche se è più consigliata per chi è più sensibile a contrarre malattie o chi ha già sintomi influenzali”.
Christian Schipani